Giuseppe Nardi, lei dirige l’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale Infermi, di Rimini, oggi qual è la situazione nel suo reparto?
“Grazie alle misure di contenimento il contagio si è molto ridotto. E’ calato il numero dei pazienti ricoverati in ospedale e anche in Pronto Soccorso diminuiscono i nuovi casi. In Rianimazione ci sono ancora tanti ricoverati, perchè mediamente i pazienti rimangono da 2 a 3 settimane, qualcuno però è già stato estubato e a breve lo saranno altri pazienti. Le prime 2 settimane sono state terribili, eravamo disperati, vedevamo arrivare uno tsunami e non sapevamo come arrestarlo».

Come vi siete attrezzati per resistere alla prima onda d’urto?
“In 12 ore abbiamo completamente trasformato la nostra rianimazione, diviso tutti i posti letto e creato un’area di contenimento con dei teli di nylon, teloni isolanti che si possono disinfettare. Dall’area dove ci veste e sveste, attraverso un altro locale sterile, si accede alla rianimazione dove sono i pazienti. Naturalmente dopo aver indossato tutte le protezioni. Abbiamo fatto corsi ed esercitazioni per imparare a vestirci in modo corretto, ci siamo esercitati per 10 giorni, per evitare errori che avrebbero messo a rischio la sicurezza nostra e dei malati”.

Nel filmato che ci ha inviato si vede chiaramente quanto sia complessa la “vestizione” necessaria per poter avvicinarsi ai pazienti in sicurezza, come si lavora così bardati?
“Non è facile, le tute sono impermeabili, non traspiranti per ragioni di sicurezza e quindi  dentro si muore di caldo e si resta così vestiti per ore, per tutto il tempo che occorre ai pazienti e anche di più. Quando si esce bisogna svestirsi e buttare via tutto, quindi ciascuno di noi cerca di resistere dentro il più a lungo possibile, senza poter bere un sorso d’acqua, bagnati di sudore, resistendo al caldo, respirando male, senza poter andare in bagno per ore ed ore. Tutto pur di usare il più a lungo possibile l’attrezzatura di protezione. E anche quando si esce dalla rianimazione, si resta fuori 15-20 minuti al massimo e poi ci si riveste e si ricomincia da capo e così tutto il giorno e la notte. Io oggi, tra medici e infermieri dirigo 200 persone e in questa gigantesca rianimazione, c’è chi dal 1° marzo non ha fatto un giorno di riposo e nessuno si lamenta”.

Questo perché non avete sufficienti mezzi, tute, mascherine, guanti?
“I dispositivi sanitari noi li abbiamo, ma li abbiamo in numero ridotto e ognuno di noi sa che deve utilizzarli in modo ragionevole! Per esempio, ci portiamo un certo tipo di mascherina in tasca, prima guardiamo il paziente, se ci accorgiamo che ha bisogno di manovre particolari solo allora tiriamo fuori la mascherina di livello superiore. Perché se le usiamo liberamente finisce tutto e dobbiamo fare lo stesso lavoro senza protezione. Conosciamo tutti il numero dei medici che ha perso la vita per continuare a lavorare ad ogni costo”.

Di posti letto, ne avete a sufficienza?
“Siamo partiti da 15 posti in rianimazione, adesso ne abbiamo 50, ma i primi giorni sono stati drammatici, abbiamo passato notti intere a “inventare” altri posti letto, ma era diffficile recuperare qualunque materiale o dispositivo, perché si producevano in pochissimi luoghi, la gran parte delle ditte era all’estero, una grossissima quota in Cina e più il problema diventava mondiale, più tutto il mondo cercava di procurarsene. Il prezzo dei dispositivi è aumentato enormemente anche per le realtà pubbliche, un dispositivo che prima dell’epidemia costava 1 euro lo si è pagato anche 10 e non sto parlando di Amazon, ma degli ordini fatti dalle direzioni sanitarie”.

E come ce l’avete fatta, dottor Nardi?
“Soprattutto con le donazioni, grazie alla generosità incredibile di tanti tantissimi abbiamo ricevuto tutto quello che ci mancava. E poi abbiamo recuperato molto materiale da altri ospedali della provincia, ospedali più piccoli che ce li hanno inviati, non essendo in grado di gestire la prima linea”.

Quanti contagi avete avuto tra medici, infermieri e sanitari?
Nessuno si è infettato o ammalato in ospedale.

Un miracolo Direttore!
“All’inizio siamo stati fortunati, qualche errore lo abbiamo commesso, ma ora facciamo controlli continui e ci proteggiamo reciprocamente”.

Come?
“Ognuno di noi guarda l’altro per verificare che vengano attuati tutti i protocolli per evitare il contagio e per questo voglio davvero ringraziare tutto il mio reparto, senza questo lavoro di squadra non saremmo arrivati fin qui. Ora la curva scende quotidianamente, ma proprio per questo bisogna continuare a tenere alta la guardia e rispettare le restrizioni, non sarebbe facile resistere ad una seconda ondata provocata da condotte poco responsabili di chiunque”.