Esperti convocati 24 ore prima del ritorno in classe: "Riaprire per i giovani"
Scuola, il Governo decide ripartenza e poi chiede parere al Cts: “Si cambia idea di continuo”

Sembra una barzelletta ma non lo è. Le scuole superiori possono tornare in presenza lunedì 18 gennaio nella misura del 50% e fino al 75% come previsto dal Dpcm del 14 gennaio. E’ questo il parere degli esperti del Comitato tecnico scientifico convocati dal ministro della Salute Roberto Speranza a meno di 24 ore dal ritorno in classe delle scuole superiori.
Le scuole vanno dunque riaperte e, sottolineano ancora gli esperti del Cts, se qualche presidente di regione decidesse diversamente, “se ne assume la responsabilità” perché, hanno sottolineato gli esperti, “stanno emergendo problematiche legate anche alla sfera psichica nella popolazione giovane in età scolare e anche negli studenti delle università” dovute all’emergenza covid e alla didattica a distanza.
PARERE DOPO DECISIONE PRESA – Secondo quanto ricostruisce l’Ansa, la richiesta di esprimere un parere su un eventuale rinvio della didattica in presenza per gli studenti della Scuola secondaria sarebbe arrivata in mattinata agli scienziati ai quali però non era stato chiesto alcun parere sulla questione nei giorni scorsi, prima che entrasse in vigore il nuovo Dpcm con l’indicazione del ritorno in presenza degli studenti delle superiori al 50%. Esperti che più volte hanno ribadito la necessità del ritorno in classe degli studenti perché la scuola è una “priorità”.
Una confusione che ha generato esasperazione tra i dirigenti scolastici: “C’è chi non ce la fa più perché le direttive cambiano di continuo” dichiara Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione presidi (Anp), nel corso di una intervista a Repubblica.
PRESIDI ALL’ATTACCO: “CHE CONFUSIONE” – “Siamo di fronte a uno scenario di grande frammentazione e confusione tra istituzioni che manda in tilt la Scuola, che la spacca. Ci preoccupa questo clima, è destabilizzante, dà l’idea che si consideri la Scuola qualcosa che funzioni a comando. Invece la Scuola ha bisogno di sapere che per un mese si fa in un certo modo, non che si cambia da una settimana all’altra, comunicandolo il venerdì per il lunedì”. ha aggiunto Giannelli.
“DATI PUBBLICI” – “Le Regioni – prosegue il numero uno dei presidi – dovrebbero piuttosto rendere pubblici i dati sui quali basano le loro decisioni. Se c’è una diffusione del virus che non riguarda le aule, ma i trasporti, non si capisce allora perché chiudere le scuole e non agire invece sui mezzi pubblici”.
CHI RITORNA IN CLASSE – Lunedì 18 gennaio il rientro tra i banchi è previsto in Lazio, Molise, Piemonte ed Emilia-Romagna mentre dall’11 gennaio le lezioni sono riprese in Toscana, Abruzzo e Valle d’Aosta.
Dopo la falsa partenza del 7 gennaio, le superiori ci riprovano. Da lunedì, in base a quanto disposto con l’ultimo Dpcm, le scuole secondarie di secondo grado potranno adottare forme flessibili nell’organizzazione didattica in modo che almeno al 50% – e fino ad un massimo del 75% della popolazione studentesca – sia garantita l’attività didattica in presenza. Questo però fatte salve le diverse disposizioni individuate dalle singole Regioni. E non tutti i governatori permetteranno il ritorno tra i banchi. A non poterlo garantire, poiché inserite in zona rossa, Lombardia, Alto Adige e Sicilia, col presidente Musumeci che ‘minaccia’ uno stop generale (anche per primarie e prime classi delle medie) se non dovesse migliorare sull’isola la situazione sul fronte dei contagi.
Tra chi invece, pur potendo dare il via libera, ha deciso di optare per un rinvio prudenziale ci sono Puglia e Friuli Venezia Giulia, entrambe da domani in zona arancione, ma anche la Basilicata, tra le poche zone gialle d’Italia rimaste. Con un’ordinanza firmata dal presidente Vito Bardi fino al termine di gennaio gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, statali e paritari, e le scuole di istruzione e formazione professionale (Iefp) continueranno quindi ad adottare la didattica digitale integrata. Stesso discorso per il Fvg, col governatore Fedriga netto nell’affermare che “lunedì le scuole non riapriranno”. “Riteniamo che il riavvio delle lezioni in aula non sia compatibile con la salvaguardia della salute di tutti” afferma il governatore, ricordando che l’Istituto superiore di sanità ha prodotto nella prima settimana di gennaio una pubblicazione scientifica “dalla quale si evidenzia come una riapertura prematura delle superiori porterebbe ad uno sproporzionato aumento del tasso di ospedalizzazione”.
A considerare un potenziale pericolo il ritorno in classe è anche il presidente pugliese Emiliano che ha rinviato l’apertura di una settimana (come Liguria e Umbria) affermando che “la Scuola non è un posto sicuro, come non è un posto sicuro qualsiasi luogo dove si sta seduti per ore nella stessa stanza”. Dovranno invece attendere febbraio gli studenti in Calabria, Veneto, Marche e Sardegna. Niente ritorno in aula infine in Campania sino al 23 gennaio. Insomma il quadro resta tutt’altro che omogeneo e, dopo le proteste degli studenti di tutta Italia, ecco arrivare dalla direzione nazionale della Gilda degli insegnanti la richiesta di includere tutto il personale scolastico tra le categorie professionali più esposte al rischio di contagio da Covid-19 assegnando dunque “priorità a docenti, dirigenti e Ata nel piano vaccinale”.
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