Di fronte alla crisi sociale e politica in cui è precipitata Napoli negli ultimi decenni, ancor più dopo la pandemia globale in atto, ogni persona di buona volontà ha il dovere di rinnovare il proprio impegno, ciascuno nel proprio ruolo, per il bene supremo della nostra amata città. Mai come oggi c’è un urgente bisogno di uomini e donne che sappiano usare un linguaggio di verità, parlando con franchezza, senza nascondere le difficoltà, senza fare promesse irrealizzabili ma indicando una strada e una meta.

Da settimane, se non da mesi, invece, riguardo alla “questione Napoli” si continua a sottolineare come il sindaco Luigi de Magistris non abbia più una maggioranza; si continua a parlare di nomi e di schieramenti ipotetici a sostegno del prossimo primo cittadino, ma nessuno discute di idee, proposte, soluzioni per Napoli. Nessuno parla di sanità, trasporti, lavoro, soprattutto della disoccupazione giovanile. Nessuno parla di scuola, difesa della famiglia e dell’infanzia, di piazze e verde pubblico da sottrarre all’uso improprio del malaffare, di un piano serio per l’educazione e il senso civico. Nessuno parla di come lasciarsi alle spalle due consiliature caratterizzate da imposte non riscosse, patrimonio non valorizzato e continue richieste di denaro o di come creare strategie di sviluppo contro l’economia sommersa su cui Napoli, purtroppo, da sempre si fonda. Nessuno parla – e questo, per me che sono nato a Scampia e sono tra i fondatori del progetto SnipNati Periferici (facebook.com/natiperiferici), è una delle note più dolenti – delle periferie e di come aiutarle a colmare il gap con il centro città che da catalizzatore di investimenti e interessi dovrebbe diventare centro geografico e storico.

Ho letto con interesse l’intervista a Giuseppe Ossorio e anche le riflessioni che il Riformista ha pubblicato successivamente, tra cui quella di Michele Vitiello. Concordo con loro sulla necessità di partire dalle idee prima ancora che dalle persone, dalle proposte prima ancora che dagli schieramenti. È per questo che, con un gruppo di amici con cui abbiamo già promosso e sostenuto il progetto Arrevotiamo e il Manifesto dei Giovani di Napoli in occasione delle ultime elezioni regionali, ho lanciato da qualche giorno un invito alla mobilitazione per coloro che vogliono ragionare, insieme, sul futuro di Napoli. Che sia tavola rotonda, think tank, sinodo sociale, l’importante è stimolare il pensiero su idee concrete e poi… fare, per il bene comune.

Sotto il cappello di Next Generation Napoli l’idea è quella di farci promotori di un movimento di idee e non di nomi, aperto e allargato a chiunque voglia collaborare, creare tavoli di discussione (da tenere online causa Covid) dividendoli in cantieri tematici (infrastrutture, trasporti, politiche sociali, economiche, sport, ambiente, e così via) e/o iperlocali (uno per municipalità, per esempio) e provare a tirar fuori dieci idee per la Napoli del futuro e altre dieci proposte più iper-locali, una per ciascuna delle dieci municipalità partenopee.

Ho 39 anni, sono un marketing manager che è stato lontano da Napoli per qualche anno per poter avviare la sua carriera, ma poi ha scelto di tornare nella sua terra e (fortunatamente) ci è riuscito. Questa stessa fortuna non ce l’hanno molte persone che conosco, perché Napoli manca di servizi ed è gestita in maniera inefficiente e improvvisata. È una città allo sbando: in rotta con il Governo nazionale e regionale, con il 30% di dispersione scolastica, con una raccolta differenziata da dieci anni ferma al 30-35%, con un disavanzo di bilancio ormai alle stelle. Non ha una strategia e non sta sfruttando a dovere la possibilità offerta da questa crisi, come invece stanno facendo altri (vedi Firenze, per fare un esempio). Ci vorrebbe un approccio più aziendalistico e manageriale per provare a risollevare le sorti di questa città attraverso proposte, strategie e programmazione.

Riguardo al concetto di “giovani”, al di là del fatto che, a 39 anni mi piace definirmi “diversamente giovane”, in ogni caso non sono mai stato per le clusterizzazioni rigide. Qualche anno fa ho tenuto un talk al TEDx Caserta sul tema degli interpreti digitali in cui ho parlato della necessità per le generazioni come la mia, quelle “di mezzo”, di fare da ponte tra nativi digitali e nativi analogici affinché il digitale non sia divisione ma crei relazione. Ecco, anche in questo caso non è detto che la categorizzazione giovane/vecchio sia per forza una cosa buona. Per una sfida così ardua e importante come quella che ci troviamo davanti c’è bisogno del contributo di tutti, soprattutto c’è bisogno di interpreti tra questi due mondi, ci vogliono menti che mettano in relazione, mettano a sistema, razionalizzino e pongano tutti i presupposti affinché le idee vengano fuori e poi… si facciano.

Fino a quando la politica continuerà a parlare ed occuparsi dei politici e non del bene comune, se ciascuno continuerà ad agire solo per curare i propri interessi, il futuro sarà sempre più nero. È per questo che abbiamo lanciato l’idea di Next Generation Napoli: per spostare l’attenzione sulla strategia, sulla programmazione, sulle idee che possano permettere a Napoli di avere un futuro e di averlo il più possibile roseo.