C’era un tempo in cui non avere genitori biologici certi, corrispondeva a una condanna eterna, alla condanna di vivere con l’etichetta indelebile di “ figlio di madre ignota”. L’espressione madre ignota era abbreviato in “mignotta” e i figli di madre ignota erano considerati appunto figli di mignotta, espressione rimasta d’uso comune per indicare persone che vivono furbescamente di espedienti, visto che questo era il destino che il più delle volte toccava agli orfanelli non adottati. Costoro, anche raggiunta l’età adulta, non potevano liberarsi del marchio d’origine e quando provavano a rivendicare un’identità propria, veniva loro ricordato che non erano ragazzi normali, ma solo dei poveri “bastardi”.

Venne un tempo in cui tutto ciò cambiò e l’identità degli individui, di qualunque individuo, venne riconosciuta indipendentemente dalla sua oggettiva genesi genetica e le espressioni mignotta, figlio di mignotta e bastardo persero il loro significato originario per approdare alla stregua del puro e semplice insulto generico. Oggi guardiamo con sdegno a coloro che allora additarono e giudicarono e proviamo un senso di profonda partecipazione nei confronti della vicenda umana di quei ragazzi così duramente puniti da sorte infausta.

L’orientamento a etichettare sulla base della genesi genetica, è duro a morire e in fondo rappresenta la radice esistenziale del razzismo. Così, ancora oggi, molti guardano alla vicenda umana di quei giovani che affrontano il difficile e doloroso percorso di transizione di genere sessuale, con lo stesso giudicante distacco con cui un tempo si guardò ai figli di madre ignota, ai bastardi. Chi sceglie questo percorso, vive una sofferenza esistenziale profondissima, determinata dal disallineamento fra corpo e anima, dove per anima intendo il principio vitale, origine e centro del pensiero, del sentimento, della volontà, della stessa coscienza morale.

Tanto un’anima femminile in un corpo maschile quanto un’anima maschile in un corpo femminile, generano una sofferenza totalizzante che ha inizio con la pubertà e tocca la sua vetta, anzi il suo abisso, durante l’adolescenza. Una ricerca pubblicata nel 2022 sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism, risultato di un mastodontico progetto internazionale durato quindici anni, rivela come il disallineamento fra corpo e anima sia in gran parte determinato da fattori genetici.

Chi intraprende questo percorso, in effetti non è protagonista di una transizione da un genere sessuale all’altro, ma semmai di un allineamento del proprio corpo con la propria anima. Certo, anche in questo caso, come nel caso dei figli di madre ignota, la “genesi genetica” resta quella originaria, così, come un tempo si ricordava al trovatello la sua genesi biologica, oggi c’è chi ama ricordare a questi individui finalmente allineati, che in fondo sono solo dei trans. La ventiduenne modella olandese Rikkie Kollé, Miss Olanda 2023, è una femmina, come i suoi documenti all’anagrafe testimoniano. Ricordarle la sua storia e appiccicarle l’etichetta di “trans” non aggiunge alcun valore.

Così come oggi sappiamo accettare gli individui indipendentemente dal loro albero genealogico e disprezzeremmo chi ricordasse a un trovatello la sua storia facendone etichetta indelebile, allo stesso modo, prima o poi, accetteremo pienamente le persone riallineate nella loro identità senza sentirci in obbligo di etichettarle e negare loro la piena legittimità identitaria. Si tratta di un processo già in atto, ma esso ha diversi nemici, in particolare tutti coloro che di questa faccenda fanno una bandiera ideologica.

Da un lato chi si rifiuta di considerare la realtà della sofferenza del disallineamento identitario, dall’altro chi ne fa una battaglia da baraccone. I primi sostengono che sei ciò che biologicamente sei e se ne fottono dell’anima, i secondi ritengono che il genere sessuale non esista e uno se lo possa scegliere di giorno in giorno. Entrambi riducono a capriccio la vicenda umana di chi sceglie la coraggiosa via del riallineamento di genere. Ancora una volta destra e sinistra si assomigliano, confermando la necessità di un’alternativa intellettuale umanistica.

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Esperto di leadership e talento, ha pubblicato diversi saggi con Sperling & Kupfer, Guerini e Feltrinelli, alcuni dei quali tradotti in più lingue fra cui il coreano e il giapponese. In qualità di executive coach, ha formato centinaia di manager dei principali gruppi industriali italiani e ha lavorato al fianco di alcuni fra i più affermati allenatori di calcio e pallavolo.