E che il cielo sarà sempre più blu, azzurro centrodestra, nero come scrivono tutte le testate straniere, nuvoloso oppure, insomma si vedrà, ma Rino Gaetano c’è sempre: a ogni campagna elettorale. Qualcuno, dagli staff o i politici stessi, prendono e tirano fuori un pezzo, uno di quelli o una manciata di quelli, e li piazzano a palla, li fanno viaggiare nelle campagne elettorali. Finisce sempre nella stessa maniera: “La politica non usi la voce, la musica, le canzoni di Rino Gaetano”, ha reclamato Alessandro Gaetano. Il nipote dell’artista in un’intervista a Repubblica ha dovuto fare quello che la famiglia è costretta a fare puntualmente. Questa volta a festeggiare sulle note di Ma il cielo è sempre più e di A mano a mano è stato Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, il partito che ha vinto nettamente le elezioni e che presumibilmente esprimerà il prossimo Presidente del Consiglio.

“Con mia madre Anna, la sorella di Rino, abbiamo detto decine di volte, anche nei giorni e negli anni passati, che non gradiamo questo tipo di iniziative e ce ne allontaniamo: preferiamo che la politica non se ne appropri. Non si tratta di destra e sinistra. È un problema di uso strumentale dell’amore che la gente ha per questo straordinario artista. A Rino, in fin dei conti, la cosa che interessava era che dalla politica venisse fuori qualcosa di buono per il popolo”. E lui non faceva politica, certo, non in questo modo almeno. Lo dice a Il Riformista anche Michelangelo Iossa, docente dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, giornalista autore di pubblicazioni a tema musicale, animatore di eventi musicali che per Hoepli Editore ha pubblicato nel 2021 Rino Gaetano. Sotto un cielo sempre più blu. Quello che è sicuro è che alla fine solo lui, Rino Gaetano, avrebbe deciso: cosa cantare e cosa no.

Non è la prima volta che Rino Gaetano viene strumentalizzato politicamente. 

Era già accaduto con Ma il cielo è sempre più blu nel 2013 con il Pd e, nel 2018, quando la Lega aveva utilizzato un brano di Rino per la sua campagna elettorale. Più in generale, Ma il cielo è sempre più blu è stata adottata anche da molti politici nazionali o locali per raccontare e commentare il clima di speranza che emergeva dai canti collettivi sui balconi in pieno lockdown, nel 2020.

Perché succede succede così spesso?

A differenza di molti cantautori della sua generazione, Rino Gaetano appare più ‘imprendibile’ e quindi meno incasellabile. Questo rende il suo repertorio, paradossalmente, più “elastico” ma anche più equivocabile. In un decennio – gli anni Settanta a Roma – in cui dovevi “essere nel giro”, frequentare feste e parlare di politica e di metalmeccanici, di India e di meditazione trascendentale, di sesso e di sindacati, di film russi e di ecologia, lo stile di Rino era di difficile definizione. Non era un menestrello ‘cacio e pepe’ come se ne vedevano nei vicoli di Roma, non era nemmeno un folksinger dannato della periferia, non era un cantastorie della tradizione popolaresca meridionale, non faceva sua la lezione di Jacques Brel, non somigliava a Francesco Guccini e nemmeno a Domenico Modugno o a Luigi Tenco. Lo aveva spiegato bene Francesco De Gregori: “Era fisicamente diverso da noi, non aveva l’aplomb da universitari che avevamo noi, nonostante cercassimo di fare i freakettoni. C’era poi l’aspetto zingaresco di Rino, era una specie di scheggia impazzita, aveva un grandissimo talento, una fantasia smisurata. Ricordo il suo sguardo beffardo, provocatorio, ma anche la grande dolcezza. Le sue canzoni avevano l’aspetto formale del nonsense, ma avevano contenuto, facevano pensare. Rino sapeva cosa sono le canzoni e come si scrivono”.

Ricorda altri casi simili?

Accade più di frequente che siano gli schieramenti di sinistra o di centrosinistra a dotarsi di specifiche colonne sonore: è accaduto con La Canzone Popolare di Ivano Fossati, ad esempio, o con Inno di Gianna Nannini, Mi fido di te di Jovanotti, Un senso di Vasco Rossi e Cambierà di Neffa. Il centrodestra ha spesso aperto i suoi incontri pubblici e i comizi di piazza con concerti di Enrico Ruggeri o Gigi D’Alessio. Rino Gaetano è l’unico cantautore il cui repertorio è stato ‘adottato’ da Pd, Lega e Fratelli d’Italia.

Le canzoni sotto inchiesta sono due: partiamo dalla prima, Ma il cielo è sempre più blu, qual è la sua storia? 

1975. La It decide di dare ascolto a una bizzarra idea di Gaetano: quella di registrare un brano di oltre otto minuti e di imprigionarlo su 45 giri. L’idea è un po’ folle, forse anche irrealizzabile per via delle limitazioni nei minutaggi di ogni lato del disco, ma in Inghilterra Hey Jude dei Beatles e Bohemian Rhapsody dei Queen avevano dimostrato che si potevano sfidare i limiti imposti dai solchi di un singolo e superare ampiamente i tre minuti canonici della pop-song. Ma il cielo è sempre più blu è una canzone davvero speciale nell’ambito del cantautorato italiano. Ha un testo lunghissimo, si sviluppa per fotogrammi e racconta l’Italia, la cronaca, la realtà: è una chanson vérité che, soprattutto, racconta la scrittura di un cantautore indecifrabile e affascinante. “Cerco di scrivere canzoni ispirandomi ai discorsi che si possono fare sui tram, in mezzo alla gente, dove ti rendi subito conto dell’andazzo sociale”, diceva lui stesso. Il brano ha un tono picaresco e inebriante; il ritornello è irresistibile. Il brano raggiunge la lunghezza-monstre di 8 minuti e 23 secondi, e viene sezionato in due parti differenti, una per ogni lato del 45 giri: Ma il cielo è sempre più blu – Parte I e Ma il cielo è sempre più blu – Parte II. In quella canzoni ci sono tutti, ci siamo tutti. A suo modo è un brano democratico, inclusivo, in cui le differenze e le contraddizioni tra ricchi e poveri, derelitti e aristocratici, pezzi di merda e santi, codardi ed eroi si neutralizzano sotto un cielo che è, sempre e comunque, blu. Non è il cielo “blu dipinto di blu” di Domenico Modugno perché in questo cielo di Rino non può esserci l’Italia del miracolo industriale, come spiegherà lo stesso Rino Gaetano: “C’era un periodo di boom economico in Italia, che ci ricordiamo tutti quanti. (…) Gianni Morandi che faceva Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte, oggi il latte costa troppo e quindi non si può assolutamente parlare di queste cose qui. E si parlava d’amore. Invece, dal momento che il boom economico non c’è più, ci sono dei problemi e chiaramente io, come uomo, non sono cieco”. Centomila copie vendute, disco di platino e il singolo schizza ai primi posti in classifica, nonostante l’iniziale censura per due versi non diffondibili: “Chi tira la bomba / chi nasconde la mano” e “chi canta Baglioni / chi rompe i coglioni”.

L’altra: “A mano a mano”? Irresistibile anche quella, usata in tantissimi film, ma non tutti sanno che è una cover.

È il novembre del 2013 e il regista Ferzan Özpetek pubblica sul suo profilo Twitter una foto promozionale del suo nuovo film, Allacciate le cinture. Poche ore più tardi viene diffuso sul web il teaser trailer del film: il video promozionale ha come colonna sonora la canzone A mano a mano nella versione cantata da Rino Gaetano nel Q Concert del 1981. Quella canzone genera qualcosa di nuovo o forse conferma la presenza di un fiume carsico che scorre sotterraneo e “fa nascere un fiore” in un giardino già riccamente fiorito. La cover del brano conferma ciò che sta avvenendo da alcuni anni, che riguarda Rino Gaetano e il culto intorno alla sua figura e alle sue canzoni. A mano a mano non è di Rino ma lo diventa completamente. Ferzan Özpetek sceglie quella versione perché ama “il modo in cui Rino Gaetano canta con leggerezza un testo tanto pesante”. A mano a mano è firmata dalla fortunata coppia Riccardo Cocciante/Marco Luberti per il disco Riccardo Cocciante del 1978 ed è una ballata pianistica intensa e sofferta, ma si trasfigura completamente nella voce e nell’interpretazione di Gaetano. Rino canta A mano a mano solo una volta, durante le registrazioni del Q Concert del maggio del 1981. Quel brano è attraversato da una magnifica inquietudine e il suo testo assume un nuovo senso, più robusto e aperto alla speranza. Secondo Olimpio Petrossi, amico di Rino e storico produttore della Rca, “A mano a mano è più famosa oggi con Rino Gaetano che allora con Riccardo Cocciante”. Secondo il musicista Maurizio Giammarco, che regala all’interpretazione di Gaetano un bel solo di sax, “A Mano a mano è un successo derivato dal passaparola, un fenomeno inspiegabile che ha contribuito a far conoscere la figura di Rino Gaetano ai più giovani. In questa epoca di post-ideologie, alcuni testi funzionano più oggi che allora”. I Pandemonium, che affiancarono Rino sul palco di Sanremo nel 1978 per Gianna, hanno ricordato: “Il caso di A mano a mano è simbolico. Era ben nota la versione di Riccardo Cocciante, naturalmente, ma Rino ha tirato fuori un colpo da maestro e oggi è per noi molto difficile stabilire quale sia la migliore tra le due versioni, tra due mood così lontani”.

Rino Gaetano, politicamente, era schierato? Si era mai schierato, se non partiticamente, su battaglie politiche specifiche?

Non in modo dichiarato, ma certamente brani come Aida, Agapito Malteni Ferroviere e L’operaio della FIAT “La 1100”, Jet Set e Nuntereggae Più sono quadri narrativi che si muovono tra la spensierata ironia e la visione di un’Italia in profonda lacerazione. Durante i suoi concerti, Rino Gaetano parlava apertamente di Moro, ad esempio, presentando così la canzone Berta filava: “Vorrei ricordare un grosso personaggio che è nato a Maglie … è uno dei più grossi calzaturieri, è uno che ha fatto le scarpe a tutta Italia. (…) Io so benissimo che lui usa dei linguaggi chiarissimi, lui ha inventato diversi termini, infatti è un grosso filologo, ha inventato le convergenze parallele, la congiuntura, tutte queste cose qui … Una volta gli ho sentito fare dei discorsi stranissimi, tipo: ‘Questi fermenti di dissoluzione non dico iconoclastici ma proiettati verso nuove tentazioni ipertrofiche che mi riportano parimenti in un nuovo pragmatico universale e in nuove dimensioni tutt’ancora da scoprire …’ e ci sono tutte queste cose qui che appunto tengono a non far chiarire assolutamente niente. È una cosa molto dispersiva e io ho scritto l’anno scorso un pezzo ancora più dispersivo proprio dedicandolo a questi grossi personaggi enigmatici del mondo politico e di altri mondi anche. Comunque questa sera lo voglio dedicare a questo personaggio che ha fatto le scarpe a tutta Italia”.

C’è un problema di diritti legato all’utilizzo delle canzoni: la SIAE permette di usare la musica degli artisti anche in contesti politici? O chiede la destinazione d’uso?

Se i brani fossero inclusi in una raccolta su supporto fisico o in una playlist ‘politica’ sarebbe necessario chiedere l’autorizzazione agli aventi diritto. In contesti pubblici – piazze, comizi, raduni – credo che non sia necessario. In altri casi, gli artisti sono stati interpellati direttamente dalle forze politiche, come avvenne con La Canzone Popolare di Ivano Fossati.

Se fosse stato vivo Rino Gaetano, cosa pensa avrebbe detto o pensato del trionfo di Giorgia Meloni sulle sue note?

Credo proprio che si sarebbe fatto una bella risata e avrebbe inserito il nome della Meloni – insieme a quelli di Salvini, Conte, Renzi, Letta, Draghi, Calenda o Di Maio – nella sua Nuntereggae Più: nel 1978 quella canzone fu un’autentica ‘bomba’ per la scena cantautorale italiana. Prendeva di mira tutti, dalle forze politiche al calcio, dallo showbusiness all’industria e si completava con piccole imitazioni-parodie delle voci di Fanfani, Berlinguer e Agnelli. Rino è “un artista fuori ordinanza”, come lo ha definito Renzo Arbore: “Le sue erano canzoni importanti, da grande cantautore – certamente – ma anche con qualche significato in più, decisamente inconsuete e con elementi ai limiti del proibito, per l’epoca. In qualche misura, Rino ha contribuito a riannodare i fili con la tradizione della canzone umoristica. Quella di Rino non era una canzone umoristica tout court, ma una canzone ‘con umorismo’, densa di humour intelligentissimo”. Moltissime canzoni di Rino Gaetano reggono il confronto con il passare dei decenni. Mi piace ricordare quanto mi ha raccontato lo stesso Arbore nella sua introduzione/testimonianza al mio libro su Rino: “Oggi la politica si è completamente mescolata al puro spettacolo. I politici sono quotidianamente al centro dell’attenzione dei media. Se Rino fosse ancora vivo, oggi scriverebbe una Nuntereggae più monumentale!”.

Proviamo a immaginare, come se fosse un gioco: secondo lei Rino Gaetano avrebbe cantato Bella Ciao?

Credo di no. Negli anni Settanta Rino si esibiva talvolta con Angelo Branduardi in piccoli tour nazionali: una volta i due si esibirono sul palco di una Festa dell’Unità in una località dell’Italia meridionale. Gli organizzatori chiesero a Gaetano e Branduardi di cantare Bandiera Rossa prima del concerto ma loro si rifiutarono e vennero mandati via. Rino amava cantare le sue canzoni, condividerle con il pubblico: “Non voglio dare insegnamenti, voglio soltanto fare il cronista”.

Ma Bella Ciao non è Bandiera Rossa però. 

Certo, ma Rino Gaetano preferiva cantare le sue canzoni. Credo che se gliel’avessero chiesto si sarebbe fato una risata, senza la reazione che ha avuto Laura Pausini, e avrebbe cantato Aida. Considerava Aida la canzone alla cui era più legato per raccontare l’Italia: in quel brano ci sono 70 anni di storia del Paese e c’è Aida, una donna, per lui erano le donne a tenere insieme il tessuto connettivo dell’Italia.

©LapresseArchivio storicospettacoloRoma anni ’70Susanna Agnelli e Rino Gaetanonella foto: Susanna Agnelli con il cantante Rino Gaetano nello studio del programma televisivo “Acquario”
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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.