Gianfranco Rotondi. Prima con Silvio Berlusconi, ora con Giorgia Meloni, sempre democristiano.

Berlusconi e Salvini lasceranno davvero andare Giorgia Meloni a palazzo Chigi se il centro-destra vince le elezioni e lei prende piú voti di loro?

Berlusconi lo conosco da una vita, ed è uomo di parola, specie quando alla parola è arrivato dopo una lunga riflessione. Salvini non lo conosco bene, ma negli ultimi tempi mi ha stupito per il rigore con cui mantiene gli impegni: lo ha fatto sostenendo Berlusconi al Quirinale più di Forza Italia e lo farà alla fine di questa gara che lui stesso ha voluto e ha mantenuto valida anche quando i numeri gli erano sfavorevoli.

La regola che s’è dato il centrodestro sulla premiership, indica il premier chi ha il 50 % piú uno dei voti, lascia scappatoie. E’ ambigua. Come si tutelerebbe lei se fosse al posto della Meloni?

I numeri elettorali finali renderanno inutile qualsiasi clausola di tutela. La Meloni prevarrá largamente.

Perché secondo lei Giorgia Meloni pronuncia lunghe prese di distanza dal fascismo invece di dire – dire. non scrivere su twitter – tre paroline facili facili: io sono antifascista?

Perché ha alle spalle una storia che fa fede per lei e non parlo solo della sua biografi a. Giorgia Meloni è cresciuta in Alleanza Nazionale, una destra democratica,parlamentare e di governo che ha scandito con Gianfranco Fini tutte le parole giuste al momento giusto. Non si può ricominciare sempre l’esame solo perché adesso quella destra vince.

Le chiedo della Meloni perché mi ha colpito il tono entusiasta con cui ne parlava in un suo articolo. Passare da Berlusconi alla Meloni perché? Perché lei vince e lui forse no?

Io non passo da Berlusconi a Meloni, semmai combatto assieme a Berlusconi, Meloni, Salvini, Lupi, Cesa. Ho capito prima degli altri che il talento di Giorgia l’avrebbe portata alla ‘pole position’ e in tal senso mi sono espresso. In tempi non sospetti. Suggerendo a Berlusconi di farne la sua candidata alla presidenza del consiglio, in accordo con Confalonieri e altri amici della più antica e stretta cerchia personale del presidente Berlusconi.

Lei crede possibile la democristianizzazione del pd? Se lo sono davvero preso gli ex dc? Lo possono finire di snaturare dall’interno?

Il Partito Popolare si è diviso nel 1995 in una frattura irreparabile tra sensibilità moderata e sinistra dc. Noi scommettemmo su un centrodestra normale, in formato democristiano. In parte ci siamo riusciti, in gran parte no. La sinistra Dc ha scommesso sul Pd, e innegabilmente ha avuto maggiore successo. Ma questo non è un motivo per cambiare campo anche noi: eravamo diversi e forse alternativi anche quando militavamo assieme nella Dc, e ci teneva uniti il collante anticomunista.

Un bel gruppo di eletti a destra, magari in Forza Italia, subito dopo il 26 settembre esce e costituisce un gruppo di centro che con gli eventuali Renzi e Calenda, se sopravvissuti politicamente alle urne e col beneplacito del Quirinale fa una manovra per evitare di mandare a palazzo Chigi Giorgia Meloni. Lo ritiene uno scenario possibile?

Allo stato Forza Italia concentra le maggiori polemiche contro Calenda e il Terzo polo, trovo irrealistico che gli eletti vadano a cercarlo dopo le elezioni.

Cosa combina Mastella? Perché non ha ancora chiuso l’accordo con Forza Italia per candidare persone sue nelle liste di Forza Italia in Campania e in Puglia?

Questo ragionevolmente bisogna chiederlo a Mastella, posso darle il numero di telefono.

Cosa pensa di questa frase di Mastella: «I voti dei partitini si pesano, non si contano. Perché uno zero virgola in un collegio determinante puó esser più importante di un due per cento spalmato sull’intero paese»?

Mastella ha ragione, enuncia una regola elementare della politica: a Como, per dire, il centrodestra ha dimenticato di apparentare “verde è popolare”, noi siamo andati da soli con un risultato minimo, e a causa di quei voti il centrodestra non è andato al ballottaggio. Talvolta anche il risultato di elezioni politiche è stato condizionato da distrazioni simili.

Un suo giudizio sulla consistenza e le prospettive di un Terzo Polo?

Da Casini a Monti il Terzo polo è una costante della politica italiana, ma tecnicamente quella funzione la assolve già il movimento cinque stelle. Calenda e Renzi avrebbero spazio solo se il Pd facesse l’accordo coi Cinquestelle. Dopodiché dei voti li prenderanno, ci mancherebbe altro.

Ma lei, da democristiano doc, vede o no in Matteo Renzi la stoffa dell’uomo dc?

Renzi ha alcuni riflessi condizionati democristiani, ma nasce, cresce e declina nel teorema della impossibilità e addirittura doverosità di non rifare la Dc.