Nel giorno del primo faccia a faccia ufficiale – o almeno in senso lato – durante la seduta del Consiglio dei Ministri tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la ministra del Turismo Daniela Santanchè, cresce l’attesa per capire quali decisioni assumerà la premier in merito.

Sembra infatti che il gesto di “responsabilità” oltre che di opportunità richiesto ufficiosamente alla titolare del turismo non abbia sortito alcun effetto, anzi, la stessa Santanchè seguita a riferire urbi et orbi che “deciderà Meloni”. Di qui il gelo di Fratelli d’Italia che ha mostrato una freddezza chiarificatrice sull’opinione interna al partito sin da subito, con la sola eccezione del ministro Crosetto. Fratelli d’Italia non ama questi “valzer” polemici, e forse tutti avrebbero apprezzato che la ministra si dimettesse o per lo meno compisse il gesto di consegnare le proprie “deleghe” alla premier, togliendo a Giorgia Meloni il ruolo – per dirla alla Law&Order – di giudice e giurati, che la premier in un certo senso non ha né il tempo, né la voglia di esercitare.

Un po’ di autonoma maturità politica non gusterebbe, fanno capire i silenzi ampiamente espressivi del partito di maggioranza relativa. Nonostante le smentite di rito, sembra quasi impossibile che nel vertice di maggioranza tra i leader di ieri a Palazzo Chigi il tema Santanchè non sia stato sul tavolo, cosi come la subitanea visita dei capi gruppo di Camera e Senato avesse come oggetto il parlare di “concessioni autostradali”. Di strade probabilmente si sarà parlato, ma di quelle che conducono il centrodestra fuori dalla situazione attuale, per di più con una Santanchè in trincea solitaria, senza soldati a proteggerla, e di certo non quelli del suo partito. Quel “deve decidere lei” riferito a Meloni, non sembra andare giù alla base del partito.

Ci sono questioni più urgenti e vanno evitate le defezioni degli alleati, che Meloni deve gestire e riassorbire. Due i temi caldi, regionali e autonomia differenziata, dove i mal di pancia sono, o almeno così appaiono, più evidenti e marcati. Sul Veneto il tassello più complesso, non solo per la questione Zaia raccontata puntata per puntata – ma per la volontà della Lega di non mollare la presa sulla Regione, e con Fratelli d’Italia che il pensierino l’ha fatto, salvo poi forse valutare più attentamente pro e contro. Se l’ispirazione venga dai vertici nazionali, oppure da velleità locali e personali di qualcuno questo è tutto da chiarire, ma sin certo il rischio è quello di infastidire l’azionista di maggioranza del centrodestra in Veneto: quegli elettori che hanno fatto della “serenissima” una roccaforte del centrodestra.

Questione Veneto che anche Forza Italia osserva e valuta e dove l’ex leghista e oggi azzurro Tosi le sue velleità non le ha mai nascoste, e a anzi ribadite la settima scorsa. Il mal di pancia azzurro non è solo in funzione delle candidature, ma sull’autonomia differenziata, dove la Lega per gli azzurri ha scelto di assumere la velocità da locomotiva impazzita senza ascoltare i moniti che provenivano dagli alleati, costringendo spesso i “governatori” di centrodestra ha posizioni scomode e rischiose. Ma ora che la minaccia referendaria è scongiurata la possibilità di definire meglio i canoni della riforma ci sono, e il parlamento dovrà farlo, se possibile con un passaggio preliminare all’interno dell’alveo del centrodestra.

Senza “fughe in avanti” di qualche regione, come ribadito dal presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, che sul tema è la voce più rilevante in Forza Italia, ed è poi anche l’opinione di Fratelli d’Italia. Non è l’autonomia differenziata ad essere in discussione, non lo è mai stata, neanche prima della sentenza della Consulta, e neanche le intenzioni della Riforma Calderoli. Lo è stato il “metodo” e una detta chiusura nella “casamatta” del Carroccio. Ora però l’occasione e l’obbligo di modificare c’è, e dunque tutto è sanabile, tanto giuridicamente quanto politicamente.

Il centrodestra ad oggi non ha avversari credibili e la crescita nei sondaggi lo dimostra, ma ora più che mai serve limare le punte su alcuni temi che nel lungo periodo rischiano di provocare problemini rilevanti. Il destino del centrodestra è nelle mani del centrodestra, e di Giorgia Meloni, ma non si può sempre invocare il “deve decidere lei”, è legittimo attendersi che tutti sui assumano le proprie responsabilità e facciano ciò che va fatto. Perché chi poi deciderà saranno gli elettori, e gli elettori di centrodestra hanno una visione della politica semplice, che non ama e non conosce alcune ritualità del politichese, più adatte e tradizionalmente affini alla sinistra.

Avatar photo

Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.