Dal punto di vista strettamente burocratico sono case famiglia, strutture private che funzionano con il via libera del Comune, o meglio dell’assessorato alle Politiche sociali. Alcune si occupano di minori senza genitori, altre ospitano giovani mamme. Ma il vero business è rappresentato dalle case famiglia che accolgono anziani. Il nonno ha l’alzheimer e il diabete? La nonna non cammina bene dopo un intervento all’anca e in casa rappresenta un peso? Mano al portafogli e il problema si risolve con la “casa famiglia per anziani”. Ossia sistemando i vecchietti in un “ospizio privato” realizzato adattando appartamenti che spesso occupano zone lussuose e centrali della città.

Se ne occupano i Comuni che nel concedere l’autorizzazione per questa importante attività sociale devono però darne comunicazione alla direzione generale della giunta regionale; la collaborazione delle aziende sanitarie si limita – prima dell’entrata in attività delle case famiglia – a un controllo dei locali che per accogliere i vecchietti devono essere privi di barriere architettoniche. “Non siamo tenuti a effettuare ispezioni periodiche, a Napoli e in tutta la Regione la gestione di questi ospizi è affidata ai privati e al controllo delle amministrazioni comunali – ripete lo staff del direttore generale dell’Asl Napoli 1 – Il nostro personale interviene se una casa famiglia per anziani chiede collaborazione al Distretto di appartenenza”. Sulla Casa di Mena indaga la Procura, lavorano i carabinieri del Nas, mentre la Regione segue con ansia i problemi degli “ospizi privati” che in tutta la Campania con morti e centinaia di anziani positivi al Coronavirus rappresentano pericolosi focolai infettivi.

“In città abbiamo 62 Rsa – spiega Monica Buonanno, assessore comunale alle Politiche sociali – dipendono dall’amministrazione cittadina, ma tutti i Comuni sono sottoposti alla Regione che nel 2014 ha varato un regolamento di ventiquattro pagine per le case famiglia. Per quella struttura di Fuorigrotta, la Casa di Mena anche l’Asl è stata costretta a intervenire”. La cosa incredibile e scandalosa per gli ospizi privati è che manca un censimento in costante aggiornamento. Il Comune sa quante sono e dove sono le case famiglia, ma lavora in modo totalmente autonomo rispetto al mondo sanitario e della Regione che quasi si accorgono dell’esistenza di ospizi in città, a Benevento, Sala Consilina e Sant’Anastasia quando diventa incontrollabile un “focolaio” di Coronavirus.

Fortunatamente la giunta Caldoro rese obbligatorie per le case famiglia polizze assicurative a copertura degli assistiti e del personale, contratti che potrebbero diventare importanti visto l’alto numero di deceduti e di contagiati da Covid in quegli ospizi. La pandemia conferma che nell’organizzazione di quelle strutture per anziani c’è da rivedere il regolamento regionale imponendo oltre al monitoraggio degli ospiti, la certificazione di eventuali patologie chiarendo quali sanitari che devono occuparsi della loro salute e della vivibilità dei locali. Le case famiglia godono di seri benefici economici anche se spesso godono di sostanziosi investimenti strutturali di imprenditori attratti dal business dei vecchietti che a volte in famiglia rappresentano un peso.

La pandemia ha colpito pesantemente il Nord che ha una sanità più organizzata rispetto al Sud Italia. La Campania paga pegno per anni di spese allegre, un passato che la Regione ha pagato con dieci anni di commissariamento e tagli lineari all’assistenza. È migliorata l’organizzazione in molti ospedali con reparti e blocchi operatori completati con apparecchiature d’avanguardia, ma paghiamo a caro prezzo la pandemia perché non siamo riusciti a recuperare i vuoti in organico arrivati a circa tredicimila persone. Oggi una delle novità è rappresentata dall’Ospedale del Mare che in settimana inaugurerà un primo prefabbricato con 24 posti letto di terapia intensiva per pazienti Covid.

Da Padova sono arrivati 4 automezzi rimorchi ribassati per trasporto moduli maxi volume e dieci bililici del tipo autoarticolato. Entro il 20 dovrebbero essere pronti tutti e tre i moduli prefabbricati per un totale di 72 posti di terapia intensiva. Intanto l’Aris ha chiuso l’accordo in Regione con oltre 200 posti letto. Villa Betania accoglierà anche pazienti Covid in via di guarigione, il Santa Maria della Pietà di Casoria mette a disposizione la struttura per pazienti No Covid.