“La burocrazia? È uno dei grandi mali che rischiano di affossare definitivamente il turismo e l’intero nostro Paese”: ne è convinto Sergio Maione, amministratore delegato dell’hotel Vesuvio di Napoli. Membro di una famiglia che vanta un’esperienza ultradecennale nel settore dell’ospitalità, Maione si è più volte confrontato con quel ginepraio di leggi e regolamenti, licenze e pareri che da sempre ingessano l’Italia e adesso, sommati alla crisi economica indotta dal Coronavirus, potrebbero determinare il fallimento di metà delle imprese turistiche.

È una previsione drammatica, non crede?
“Per il turismo il 2020 può considerarsi finito. La ripresa è legata alla speranza che si trovi un vaccino o una terapia efficace contro il Coronavirus. Fatto sta che, al momento, gli alberghi sono aperti, ma mancano clienti e incassi. Se il governo non dovesse prorogare la cassa integrazione, varare un piano straordinario per il rilancio del settore e ridurre la burocrazia, più della metà delle imprese potrebbe fallire”.

Quanto pesa la burocrazia nel suo settore?
“Tanto, troppo. Al punto da complicare qualsiasi attività e imporre mesi di attesa per ottenere anche ciò che spetta di diritto. Basta sfogliare uno degli ultimi decreti varati dal governo: cento pagine, 50 articoli e per ciascuno di questi il riferimento a decine di norme pregresse. Solo per comprenderne il contenuto serve un avvocato. E a livello locale la situazione non è migliore: spesso i funzionari hanno difficoltà a districarsi in questa selva di norme e quindi, nel timore di incorrere in una responsabilità erariale o penale, tendono a non decidere. Così non si può fare impresa”.

Con quali pastoie si confronta quotidianamente?
“Innanzitutto con la mancanza di una licenza unica: ne esiste una per l’albergo, un’altra per il ristorante dell’albergo, un’altra ancora per il ristorante aperto agli esterni e così via. Il che si traduce in più pratiche, costi maggiori, tempi di attesa più lunghi. E poi si verificano episodi inverosimili…”

Ce ne illustra qualcuno?
“Negli anni Novanta il Comune ci chiese di collocare delle fioriere lungo il marciapiede dell’hotel Vesuvio per migliorare l’arredo urbano, salvo poi sottoporci a un accertamento per la relativa occupazione di suolo pubblico. Poco importa, abbiamo sempre pagato. Poco tempo fa, però, si è insediato un nuovo funzionario comunale secondo il quale il canone di occupazione del suolo pubblico non sarebbe dovuto solo per lo spazio impegnato da ciascuna fioriera ma anche per quello che intercorre tra una fioriera e l’altra. Evidentemente la normativa non è chiara. Certo è che pagheremo e poi ci rivolgeremo alla magistratura”.

Nel settore privato va meglio?
“Niente affatto. Anche chiedere un finanziamento a una banca è una missione impossibile perché anche qui si sovrappongono decine di normative e si manifesta la tendenza a non decidere. In queste condizioni o si ha la fortuna di interloquire direttamente con i vertici dell’istituto oppure, se si devono seguire i canali ordinari, anche una pratica apparentemente semplice si trasforma in un ostacolo insormontabile”.

Come se ne esce?
“Eliminando certe pastoie. Licenza unica per gli alberghi, procedure semplificate per interventi di ristrutturazione, riduzione del numero di enti pubblici chiamati a esprimere pareri o a rilasciare autorizzazioni: bisogna farlo subito, altrimenti la Campania e l’Italia non sopravviveranno alla crisi in atto”.

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