Sono stati attimi di vero e proprio panico sulla spiaggia di Passoscuro a Fiumicino. Doveva essere una tranquilla mattinata di sole e mare in occasione delle festività per San Pietro e Paolo ma si è presto trasformata in tragedia. Un papà per salvare moglie è figli si è tuffato sfidando il pericolo del mare agitato ed è riuscito a portare a riva la sua famiglia. Poi per lo sforzo immane, stremato dalla fatica, si è accasciato ed è morto. Per lui sono stati inutili i soccorsi.

La famiglia è di origine equadoriana e vivono a Roma sulla Prenestina. Aveva deciso di passare la giornata in spiaggia per rigenerarsi dalle giornate di caldo intenso. Dopo ore di macchina e traffico arrivano sulla spiaggia. Poco prima delle 13 tutti entrano in acqua. Il papà, Jame Bolivar, 50 anni, la mamma e i due figli, un maschio di 8 e una femmina di 10 anni. Si alza un forte vento provocando onde e correnti. All’improvviso non toccano più il fondale marino e inizia l’inferno.

Secondo la ricostruzione di quei tremendi istanti riportata dal Mattino, mamma e figli, travolti dalla corrente, iniziano a bere l’acqua del mare, a tossire, senza riuscire a respirare. Il padre urla ai figli di spostarsi verso la direzione in cui sono entrati in mare. Li aiuta, li spinge, non è facile perché vanno contro corrente e sono investiti dalle onde. I ragazzi riescono a uscire dal canale e finiscono di nuovo sulla secca. Toccano, sono salvi. Ora è la madre a essere in pericolo, ha finito le forze e si fa prendere dal panico. Comincia a gridare aiuto e beve ancora di più. Il marito cerca di sorreggerla, lei gli si avvinghia al corpo. Dalla riva parte il bagnino a nuoto con il salvagente, deve superare le onde che lo mandano indietro ma alla fine arriva e aggancia la donna portandola a riva. Ora è il turno di Jame, parte ancora un bagnino ma quando arriva l’uomo sembra avere perso i sensi.

Per caso in spiaggia ci sono un rianimatore e una cardiologa che tentano le manovre di soccorso in attesa dell’arrivo dei soccorsi. “Arrivato a riva c’era ancora il battito – racconta un testimone al Mattino – non lo hanno lasciato un attimo e hanno fatto di tutto. Poi, dopo una decina di minuti, è arrivata l’ambulanza del 118 e anche l’eliambulanza. Il personale medico si è alternato con le manovre per 40 minuti tra i singhiozzi e la speranza dei familiari, purtroppo non c’è stato niente da fare”. Alle 14 i medici del 118 hanno gettato la spugna, constatando la morte per arresto cardiocircolatorio. Più che per annegamento potrebbe essere stato il cuore a cedere per l’eroico sforzo.

Nelle ultime settimane nella zona ci sono state altre vittime delle correnti. Le persone si tuffano rimanendo a riva, dove c’è piede, e in pochi istanti vengono risucchiate dalle correnti. Sono sempre le “buche” la causa principale dei decessi. “Si tratta di corridoi naturali che consentono all’acqua che rompe sulla riva di fluire verso il largo – spiegano alla Salvamento Fregene – il loro pericolo è doppio: prima di tutto perché quando il mare è mosso all’interno si generano correnti di ritorno che trascinano verso il largo. Poi a mare calmo hanno un fondale profondo in cui chi non sa nuotare può annegare. Se ci si finisce dentro non bisogna tentare di tornare a riva nuotando contro corrente, basta rimanere a galla fino a raggiungere una zona d’acqua adiacente più bassa e salvarsi”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.