Se davvero si vota a luglio e non a ottobre, cosa farà il centrodestra campano? È pronto a sfidare De Luca superstar, il governatore “bancomat” con il lanciafiamme a tracolla? A una prima occhiata, la situazione da quelle parti è alquanto paradossale. Prima, c’era il centrodestra e non c’era il candidato. Ora, sembra esserci il candidato – Caldoro – e non il centrodestra. Il che è un po’ come avere un partito personale senza persone. O un timone senza barca. In più, prima il centrodestra era diviso, ma forte elettoralmente.

Ora è più debole, almeno stando ai sondaggi, ma ha ritrovato la centralità di Forza Italia, partito che in Campania è ancora più centrale che altrove, e che storicamente ha sempre svolto la funzione di motore della coalizione. Ma non è finita. Proprio questa centralità azzurra, infatti, potrebbe presentarsi non come opportunità ma come problema, perché è da valutare se il ritorno sulla scena di Berlusconi nelle vesti di patriota – di oppositore costruttivo nei confronti del governo Conte – rafforzerà o imbarazzerà Caldoro. Intervistato ieri da il Riformista, e noncurante di tutte queste implicazioni, Fulvio Martusciello, berlusconiano tra i più fedeli, è apparso straconvinto. “Non solo – ha detto – alle prossime elezioni vinceremo noi, ma De Luca arriverà terzo dopo i cinquestelle”. Martusciello non lo ha detto esplicitamente, ma lo ha lasciato intendere: nel suo calcolo, conta molto il radicamento locale di Di Maio e Fico, che potrebbe contribuire a portare via voti al governatore.

E se invece qualcosa di giallorosso sbocciasse anche il Campania? Magari una forma malcelata di desistenza? Si vedrà. Per ora la scena campana è quella descritta. Caldoro c’è, il centrodestra un po’ meno. Che la coalizione sia oggi più debole rispetto a qualche mese fa lo prova il fatto che la Lega perde molto più di quanto guadagna Forza Italia. Senza contare che da un po’ di tempo comincia a calare anche il consenso al partito della a Meloni. Che invece Caldoro, finora defilato, cominci a farsi notare lo confermano le sue ultime interviste. Caldoro è l’unico a tenere testa a De Luca. Mentre i cinquestelle sono entrati sostanzialmente in clandestinità, dalla sua parte non vengono più critiche sui massimi sistemi, per lo più comprensibili solo agli addetti ai lavori, ma solo accuse precise e documentabili, come nel caso dei tamponi, essendo la Campania la regione che ne ha eseguiti di meno.

Resta però il problema nazionale. Ieri, su il Fatto Quotidiano, Antonio Padellaro ha usato parole sorprendenti a proposito di Berlusconi, l’ex male assoluto. “Sì, proprio lui. Meriterebbe – ha scritto – una menzione tra i pochissimi che nella catastrofe virus si sono comportati un po’ meglio di come li avevamo lasciati”. Poi, è vero, Padellaro ha provato a rivoltare la frittata accennando all’imbarazzo dei giornalisti di destra sorvolando sul suo, ma come negarlo? L’imprevista apertura di credito è una novità che provoca scompiglio. E se lo provoca tra i nemici, figuriamoci tra gli alleati. Infine, bisogna anche calcolare che Berlusconi si avvicina a Conte senza avere elezioni davanti. Per Caldoro, invece, è tutta un’altra storia: deve misurarsi con De Luca, che notoriamente non indossa la pochette ma usa la clava; e deve tendergli la mano non in un momento di stand-by, ma nel vivo di una difficilissima campagna elettorale. Il che si può fare, per carità. Ma sarebbe come andare su un filo dal Vesuvio al Solaro.