Per “riaprire tutto” bisogna anche riaprire la democrazia, prendendo decisioni a seguito di un dibattito pubblico basato su informazioni accessibili e dati misurabili. Purtroppo, la strada sulla quale il Governo pare si sta incamminando rischia di essere la stessa del Decreto “Cura Italia”: prima, anticipazioni sui media; poi, annunci via Facebook; molti giorni dopo, e dopo altre indiscrezioni mediatiche e trattative varie, approvazione e pubblicazione dei definitivi testi dei provvedimenti; infine, il passaggio parlamentare, senza vero dibattito e con voto di fiducia che svuota la funzione del Parlamento.

Come surrogato del ruolo delle assemblee elettive pubbliche, sono istituite fantomatiche “cabine di regia” per riunire a porte chiuse le opposizioni, le Regioni, i Sindaci. In parallelo, c’è la consultazione di un Comitato tecnico scientifico, il quale è totalmente sottratto a forme di scrutinio pubblico, sia sui pareri che esprime che sugli esperti di volta in volta coinvolti che sull’informazione sulle quali si basa. Il Governo se ne avvale a discrezione nella più totale opacità. A giustificazione di ciò, c’era il carattere urgente delle decisioni da prendere.

Ammesso che tale giustificazione rappresenti una motivazione solida -ma non “concesso”, perché lavorare in modo trasparente non fa di per sé perdere tempo- tale giustificazione non sarebbe in alcun modo ammissibile per le decisioni future. La “riapertura”, infatti, non è un fatto emergenziale imprevisto, ma una necessità che deve essere programmata sulla base di informazioni reali e obiettivi precisi e misurabili. Esiste, ovviamente, un ampio margine di imprevedibilità, che riguarda la diffusione del virus. Su questo, così come sull’efficacia di mascherine, test, tamponi, il parere e le previsioni degli epidemiologi e dei medici devono prevalere su qualsiasi considerazione politica, incluso il paternalismo consolatorio e allarmistico.

Su tutto il resto però, no: non sono gli epidemiologi a dover decidere. Sul come e quando sarà messo in sicurezza il personale sanitario, con dispositivi e test. Su quali settori produttivi riaprire per primi, quali tipologie di posti di lavoro sbloccare, quali misure di sicurezza e di controllo saranno da applicare, quali indicatori saranno da utilizzare per verificare i risultati dei provvedimenti presi: su tutto questo, deve decidere la politica.

Quello che noi come Associazione Luca Coscioni chiediamo è che queste decisioni siano prese attraverso un processo pienamente democratico, ribaltando l’ordine seguito sul “Cura Italia”: prima un dibattito parlamentare sugli indirizzi politici generali per la “riapertura”, poi l’approvazione di un Decreto e la sua pubblicazione, poi la presentazione pubblica ai media dei contenuti del decreto, infine un grande dibattito parlamentare sui testo definitivo e sulle proposte di emendamento, senza che ciò sia d’intralcio o faccia perdere tempo rispetto alle misure eventualmente già operative.

Proprio perché siamo in una situazione straordinaria ed emergenziale, è nello stesso interesse del Governo (e dei Governi regionali) applicare con rigore un processo decisionale basato sui fatti e sul metodo scientifico, con piena e pubblica assunzione di responsabilità da parte dei rappresentanti istituzionali nel pieno rispetto delle procedure democratiche. Solo così la scienza può essere alleato di una buona politica, invece di diventarne uno strumento utilizzato a discrezione.