La tragica scomparsa del sottomarino Titan sta tenendo il mondo incollato alle televisioni di tutto il mondo. Sembra incredibile ma le speranze di ritrovare i passeggeri, o addirittura di trovarli vivi, è ormai appesa a un filo se non drammaticamente finita. E adesso si accavallano le ipotesi e le indiscrezioni sulla fine della spedizione, sulle cause dell’interruzione dei contatti e della relativa scomparsa dai radar dopo solo 1.45 minuti di immersione. Il tutto condito da leggende, teorie fantasiose e polemiche a non finire. Ma ci sono un paio di tasselli che effettivamente non tornano in tutta questa storia, oltre ad alcune inquietanti coincidenze.

La moglie del pilota del Titan parente di 2 vittime del Titanic

Wendy Rush, moglie del patron di OceanGate e pilota del sommergibile disperso nel Nord Atlantico Stockton Rush, è anche la pronipote di Isidor e Ida Straus, due passeggeri di prima classe che erano a bordo del Titanic quando affondò nel 1912.

Gli Straus erano tra i passeggeri più ricchi del Titanic, riporta la Bbc: Isidor e suo fratello Nathan erano comproprietari dei grandi magazzini Macy’s.I sopravvissuti della tragedia hanno ricordato di aver visto Isidor rifiutare un posto su una scialuppa di salvataggio del Titanic finché tutte le donne e i bambini non fossero saliti a bordo. Ida, sua moglie da 40 anni, si rifiutò di andare senza il marito e i due furono visti abbracciati mentre la nave affondava.

Una versione romanzata di questa scena è stata rappresentata nel film Titanic del 1997 di James Cameron, che mostra una coppia abbracciata a letto mentre viene sommersa dall’acqua. Secondo gli archivi del New York Times, il corpo di Isidor fu recuperato in mare circa due settimane dopo il naufragio, mentre i resti di Ida non furono mai ritrovati. Wendy Rush, attuale direttrice delle comunicazioni di OceanGate, ha sposato Stockton Rush nel 1986 e ha partecipato a tre spedizioni sul relitto del Titanic.

Tutti vogliono una dichiarazione di James Cameron: lui ha esplorato il Titanic 33 volte

James Cameron, attraverso il suo ufficio stampa, ha raccontato alla Cnn: “Il Titanic era per le navi affondate quello che l’Everest è per le montagne. […] Quindi mi sono detto: farò un film hollywoodiano e così mi pagherò l’immersione. Dopo la prima volta, mi sono appassionato e non ho più smesso”. Una passione che ha quasi trasformato in un mestiere: nel 2012 ha esplorato la Fossa delle Marianne a bordo di un sottomarino di sua creazione, nome di immersione Deepsea Challenger. “Non è, per me, una questione di ego, di ricchezza. […] Penso che sia la missione dell’esploratore quella di raggiungere gli estremi confini dell’esperienza umana, tornare e raccontare tutto agli altri”.

Cameron ha raccontato tutta l’esperienza nella Fossa delle Marianne in un’intervista a National Geographic. Uno dei momenti più toccanti dell’intervista è quello in cui il regista racconta che cosa si prova a essere “testimoni” (così si è autodefinito) di uno “dei luoghi più inaccessibili della Terra”. Ha detto, Cameron, che nell’oceano profondo, a bordo del suo sottomarino personale, si sentiva “l’uomo più solo del mondo, completamente separato dal resto dell’umanità, senza nessun possibilità di essere salvato, in un luogo sul quale nessun occhio umano ha mai posato lo sguardo”.

Marina Usa, la smentita: i rumori rilevati erano del fondo dell’Oceano 

I suoni rilevati all’inizio di questa settimana nella ricerca del Titan scomparso erano generati dal “rumore di fondo dell’oceano”, secondo le prime analisi della Marina statunitense. Lo riporta Sky News. Il contrammiraglio John Mauger ha dichiarato a Sky News che gli ufficiali stanno continuando le loro analisi ma ha aggiunto che la Guardia Costiera degli Stati Uniti non sta aspettando un rapporto completo per intervenire. La Marina continuerà a cercare tutte le “informazioni disponibili” sui suoni subacquei rilevati.

Continuano le ricerche del sottomarino: non perdiamo le speranze

Alla domanda se sia troppo tardi per un eventuale salvataggio, Mauger ha risposto a Sky News: “È uno sforzo incredibilmente complesso. A questo punto rimaniamo fiduciosi” Il contrammiraglio della Guardia costiera Usa che si sta occupando delle ricerche del sommergibile disperso ha aggiunto che, nell’ambito dell’operazione, è stato portato “sul posto” un team medico con una camera iperbarica.

È stata superata la soglia cruciale delle 96 ore di ipotetica autonomia di ossigeno all’interno del sommergibile disperso, quando dunque l’aria respirabile potrebbe essere terminata: il Titan aveva una scorta di ossigeno di 96 ore, cioè quattro giorni, quando si è immerso intorno alle 6 locali di domenica mattina per la discesa verso il relitto del Titanic, il che poneva il limite ultimo per trovare il sottomarino fra mezzogiorno e le 14 ora italiana. Gli esperti tuttavia hanno sottolineato che si tratta di una stima orientativa, che potrebbe essere prolungata se i passeggeri avessero adottato misure per conservare l’aria respirabile.

Mancanza di ossigeno, ipotermia e stress psicologico

  • Ipotermia: L’ambiente marino può essere estremamente freddo, soprattutto a profondità elevate. L’esposizione prolungata all’acqua fredda può portare a ipotermia, una condizione in cui la temperatura corporea scende al di sotto dei livelli normali. I segni e sintomi dell’ipotermia includono brividi, confusione, sonnolenza, difficoltà di movimento e battito cardiaco lento.  L’ipotermia può avere conseguenze gravi sulla salute, inclusa la compromissione del sistema nervoso centrale e l’arresto cardiaco.
  • Mancanza di ossigeno: Un grave rischio per la salute dei dispersi in un sottomarino è la mancanza di ossigeno. Se il sistema di ventilazione del sottomarino viene compromesso, gli occupanti possono trovarsi in una situazione di grave carenza di ossigeno.La mancanza di ossigeno può causare sintomi come difficoltà respiratorie, affaticamento, confusione mentale e, in casi estremi, perdita di conoscenza e morte.
  • Ansia e stress psicologico: La situazione di dispersione in un sottomarino può generare ansia estrema e stress psicologico tra gli occupanti. La paura per la propria vita, l’incertezza sulle possibilità di soccorso e la mancanza di contatto con l’esterno possono avere un impatto significativo sulla salute mentale dei dispersi.

Redazione

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