«Il titolo perfetto per questa serie, per raccontare cos’è veramente, doveva essere Sono Lillo?, con il punto interrogativo, perfetto per spiegare quella forsennata ricerca di quello che siamo veramente e che sfocia per forza di cose, spesso e volentieri, in situazioni tragicomiche, che fanno ridere». Pasquale Petrolo in arte Lillo, riassume in poche righe l’obiettivo degli 8 episodi di cui si compone la serie original Sono Lillo, da lui creata e scritta assieme a Matteo Menduni e Tommaso Renzoni in esclusiva su Prime Video dal 5 gennaio.

Presentata in anteprima lo scorso ottobre alla Festa del Cinema di Roma, Sono Lillo vede il protagonista, un comico molto meno arrivato e navigato del suo interprete, in conflitto con il suo personaggio più famoso, Posaman. Chi non avesse seguito Lol, il programma comico di Prime Video che metteva in una stanza 10 comici sfidandoli a non ridere per ben 6 ore consecutive, sappia che, in quell’occasione, Lillo, aveva dato vita appunto al tormentone di Posaman, il cui superpotere è fare pose a comando, con un limite di 6. In bilico tra realtà e finzione, Sono Lillo riflette sul significato di comicità e soprattutto sull’odio e amore verso il proprio successo.

«Secondo me rappresenta un po’ la paura che ti fa qualcosa di tuo che poi appartiene a tanti», spiega Lillo accanto al regista Eros Puglielli, lo stesso dell’ultimo film dell’attore, Gli Idoli delle donne del 2022, in coppia con il suo compagno d’arte storico, Greg. Prosegue: «Credo che sia una una fobia che abbiamo naturalmente quindi anche noi attori comici, che siamo sempre alla ricerca dell’approvazione degli altri nel nostro lavoro. C’è questa incongruenza, qualcosa che piace troppo al pubblico e che ti fa fermare e chiederti: ‘ma che è successo? perché questo sì e quell’altra cosa che ho fatto no?».

È da questa paura che nasce Sono Lillo e l’interrogarsi su Posaman, collocandolo come unico successo di un Lillo di un altro universo, uno in cui non è stato così fortunato professionalmente. «Interpreto un comico che arranca nella sua carriera e che funziona solo come Posaman, un supereroe che alla fine odia. Una cosa che poteva capitare anche a me se la mia carriera fosse andata in maniera diversa», confessa. E ancora: «Posaman è interessante per me anche a livello psicologico, nella serie io sono effettivamente me stesso, con tutte le mie insicurezze e con tutte le mie paure, ma sono trasportato in un altro multiverso. Mi interessava la chiave di racconto autoironica, umoristica, l’idea di divertire perché per me è la cosa più importante».

A differenza di quello che può sembrare fin dal titolo, Sono Lillo è serie corale e come tale si avvale di un folto gruppo di fuoriclasse della risata e della recitazione, a cominciare da due attori che sono pure star della serialità italiana, in vetta alle preferenze nell’epocale Boris 4, su Disney+: Paolo Calabresi e Pietro Sermonti. Quest’ultimo interpreta il migliore amico del malcapitato Lillo e suo agente, una doppia veste che causa un bel po’ di problemi e situazioni comico-demenziali, prima fra tutte l’ingaggio che gli procura al matrimonio organizzato da una famiglia appartenente a un clan camorristico. Ne svela i retroscena Sermonti: «Quello è un innesco efficace di inizio serie secondo me, l’essere catturati violentissimamente dalla camorra. Fa parte del deragliamento della popolarità. Io ho passato l’estate in montagna con Lillo dopo Lol e sembrava di stare con Papa Francesco, per fortuna i camorristi non si sono fatti vedere ma il rischio ogni tanto è quella violenza affettuosa. Con Lillo sul set si gioca come dei bambini, senza pudore alcuno».

E a proposito di popolarità stile Papa, nella realtà Lillo rivela di essere molto legato a Posaman perché gli ha permesso di raggiungere un pubblico più vasto: «Posaman ho avuto la fortuna di viverlo dopo una carriera lunghissima, quindi un successo stra popolare. Per me è stata una cosa bellissima crearlo, colpire un pubblico così vasto compresi i bambini che sono un pubblico meraviglioso perché senza sovrastrutture. Un bambino non dice: ‘forse lo devo rivedere!’, o gli piace o non gli piace una cosa». Non tutti sanno che Lillo è sempre stato un fan dei supereroi e dei fumetti. Posaman è solo l’ultimo di una serie di maschere supereroistiche da lui create negli anni: «La metafora del supereroe è importante», ha rimarcato in conferenza. «Sono un gran appassionato di fumetti, vengo da quel mondo lì e volevo anche diventare fumettista. Ho inventato anche altri supereroi come ad esempio Normalman, un uomo che diventa improvvisamente cento volte più intelligente, più agile, più forte ma che parte svantaggiato dall’essere cento volte più stupido. Insomma i supereroi che creo sono sempre improbabili».

Non solo uomini attorno a Lillo nella serie ma molte icone della commedia e della stand up comedy come Caterina Guzzanti (altra star di Boris), Michela Giraud, Emanuela Fanelli e un’attrice, Sara Lazzaro, che nonostante successi come Doc – Nelle tue mani con Luca Argentero, dimostra ora tutti i suoi tempi comici nel ruolo della moglie del protagonista. Si dice che per conquistare una donna bisogna farla ridere ma per Marzia, moglie di Lillo, questa vita sconclusionata del marito è diventata un po’ troppo e lo lascia. Questo è il motore del cambio vita del comico nella serie. Lillo elogia la sua co-protagonista femminile: «Io ne ho una vera di moglie a casa che conosco da ventotto anni e così mi ha fatto un po’ strano dovermi confrontare con un’altra sul set. Ma la Lazzaro è talmente autentica che mentre giravamo mi sembrava poi strano tornare a casa da mia moglie nella vita reale. Sara ha dei tempi comici pazzeschi, perfetti per la comedy».

Risponde Lazzaro: «La cosa che ho percepito è che dovevo portare un personaggio dalla solidità drammatica, all’interno di un universo comico. Lei lo lascia quindi in lui scatta questa necessità di ritrovare se stesso, di staccarsi da Posaman. È stato interessante insinuarmi all’interno di questa dinamica e al contempo portare una comicità che arriverà dal quarto episodio in poi». Dalla conferenza stampa alle interviste per la serie, Lillo ci tiene a sottolineare che Sono Lillo «parla di tante cose e nonostante il titolo egoriferito, è una serie in cui possono ritrovarsi tutti».

Lo conferma anche Eros Puglielli che la definisce anche come un percorso di ricerca: «Fianco a fianco con Lillo e gli sceneggiatori, il mio compito è stato costruire questo mondo molto matto, spostato e questa dimensione un po’ parallela a quella nostra in cui accadono degli eventi particolari. In un certo senso rappresenta l’esplorazione della ricerca di sé, il rifiuto o l’accettazione di se stessi, discorsi abbastanza comuni e universali. In questa esplorazione, il nostro protagonista è circondato da matti, che non lo aiutano, gli danno sempre consigli sbagliati e la maturazione è una conquista che questo personaggio deve fare da solo». Si può ipotizzare una seconda stagione? Puglielli conferma: «Certo che sì, noi proponiamo un universo che si può espandere all’infinito». Rimane da aspettare l’ultima fatica di Posaman, la settima posa. «Essendo la definitiva che chiude tutto l’arco – si giustifica Lillo – ci vorrà un annetto».