Ha lavorato “sottocoperta” per settimane dopo il voto del 23 luglio. Non ha rilasciato mezza dichiarazione. Ed ha imposto l’embargo a tutti i suoi. Di Pedro Sanchez si può dire di tutto, ma sicuramente non che non sappia cosa sono la strategia e la politica. E così il bel socialista, apprezzato anche dal mondo moderato più liberal e metropolitano, forse la spunterà anche stavolta.
La svolta sì è avuta l’altro ieri sera, quando Sanchez ha riunito i nuovi deputati del PSOE e, tra gli applausi ed un entusiasmo che in quel momento appariva pure eccessivo, ha annunciato due novità: a presiedere la Camera i socialisti candidavano una storica esponente del mondo autonomista ed indipendentista spagnolo, l’ex presidente delle Baleari Francina Armengol. Inoltre, il plurilinguismo – uno dei temi chiave delle rivendicazioni basche, galiziane e soprattutto catalane – sarebbe diventato una delle priorità non solo della nuova legislatura, ma anche della Spagna a Bruxelles.

Ieri mattina, i 7 deputati catalani che hanno le chiavi della legislatura – o per portare Sanchez alla Moncloa o per farla fallire e tornare ad elezioni – hanno dato il via alla elezione della Armengol, che quindi ha ricevuto i 178 voti magici capaci non solo di battere il candidato dei popolari, ma anche di sfasciare l’alleanza di destra (inaspettatamente l’ultra destra di Vox ha deciso di votare il proprio candidato) ed anche potenzialmente di eleggere a maggioranza semplice Sanchez nuovo premier nelle prossime settimane.

Ora la palla è nelle mani del Re: dopo un giro di consultazioni, Filippo VI dovrà decidere a chi affidare l’incarico di formare il nuovo governo e per farlo non potrà che tenere conto di chi ha la possibilità di superare i voti alla Camera. Questioni di poche settimane e sapremo se Sanchez l’avrà spuntata anche stavolta o se si dovrà tornare ad elezioni: la possibilità di un governo con Vox ormai pare impossibile.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva