Della nuova leader del Pd Elly Schlein non so nulla in più di quello che in questi giorni si legge sui giornali. So invece abbastanza del suo nonno materno Agostino Viviani, che ho avuto il piacere di conoscere, perché abbiamo vissuto entrambi tra Roma, Toscana e Lombardia incrociandoci più di una volta nel corso delle nostre lunghe carriere, di studioso e politico ed avvocato lui, di magistrato interessato al tema delle garanzie processuali e delle problematiche minorili io.

Non è detto che tutti i nipoti assomiglino ai nonni, lo spero vivamente per Elly. Agostino Viviani, il senatore Viviani, fu uomo e politico d’eccezione quanto a sensibilità umana e costituzionale, fu giurista finissimo. Detestava l’indifferenza in genere, gli montava odio profondo se essa veniva manifestata in presenza di situazioni di bisogno, perché vi intravedeva complicità e violenza, pertanto…. stando così le cose del mondo, era persona votata ad indignazione la più nobile, frequente ed ardente. Indignazione nei confronti di fascismo, di prevaricazioni, di furberie, di ingiustizie. Per questo fu tanto antifascista da rifiutare da giovinetto l’iscrizione al guf di Siena subendone le conseguenze, per questo fu partigiano vero e non di comodo, e poi Consultore della Consulta nazionale. E poi politico attentissimo.

Quando divenne senatore e presidente della Commissione Giustizia promosse, indignato per la tradizionale cultura dei padri padroni e dei figli illegittimi eredi… solo un po’, la L 151/1975 per una riforma del diritto di famiglia che finalmente affermasse parità assoluta dei coniugi e priorità dell’interesse di tutti i figli, compresi quelli nati fuori del matrimonio. Indignato per una situazione carceraria soprattutto stigmatizzante e priva di una concreta tutela giurisdizionale, fu uno dei promotori della L 354/1975 (perfezionata poi con la L 663/1986 e successive modifiche) per una riforma dell’Ordinamento Penitenziario che finalmente – a differenza del Regolamento penitenziario 1931 del ministro Rocco, allora vigente – garantisse con doppio grado di giurisdizione, dunque concretamente e non solo formalmente, il trattamento penitenziario rendendolo individualizzato ed umano e dignitoso, in linea con il principio tendenzialmente rieducativo previsto dall’art. 27 della Costituzione.

Indignato per il malgoverno di una normativa sugli stupefacenti già in sé bislacca fino al punto di non fare una chiara distinzione tra spaccio e consumo, si rese copromotore di quella Legge 685/1975 che finalmente portò un po’ di ordine nella materia. Indignato per il tragico fenomeno di mammane, aborti clandestini, compressione diffusa di interessi e diritti delle donne, fu uno dei promotori della L 194/1978 per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza. Era indignato per come funzionava la giustizia e per come nessuno pagasse per errori giudiziari anche grossolani. Fu pertanto unico proponente e firmatario di un disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati ma questa volta l’ardire …del toccare i fili dell’alta tensione gli costò caro, tanto che nel 1979 non venne ricandidato e così finì la sua carriera parlamentare.

Restò convinto, fino all’ultimo, che le disfunzioni del sistema giustizia e dell’esercizio del diritto di difesa e l’incessante legiferare come se tutto fosse emergenza anziché sistema ed il malgoverno delle dichiarazioni di imputati cointeressati e gli abusi sul principio del libero convincimento fossero tra i problemi più gravi del paese. Per la vicenda di Enzo Tortora organizzò dibattiti i più accesi. Famosi i suoi circostanziati e veementi esposti su questioni di mala giustizia. Ho letto recentemente del processo Ruby ter, per falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari, e in particolare dell’assoluzione di Berlusconi e di altri 28 imputati perché il fatto non sussiste, in quanto l’imponente castello accusatorio costruito in ben 6 anni si sarebbe fondato sull’aria fritta ossia sul nulla, cioè su dichiarazioni testimoniali tutte assolutamente inutilizzabili.

Inutilizzabili ex art.63 cpp perché rilasciate da persone che, già sottoposte ad indagini nei processi Ruby 1 e Ruby 2, fin da allora avrebbero dovuto essere ascoltate non furbescamente come testimoni obbligati a dire la verità a scanso di guai giudiziari, ma nella veste protetta di indagati, ossia garantita sia dal diritto di non rispondere sia dall’assistenza di un avvocato. Quando ho letto tutto ciò, non sono potute non tornarmi in mente le indignate ma sempre garbate ed ironiche filippiche del senatore contro le “penose furbate”, così le chiamava, di interrogare gli indiziati in qualità di testimoni. Astuzie ed autorevolezza sono tra loro incompatibili, nel senso che si elidono, soggiungeva. E’ passato tanto tempo, il lupo perde il pelo…

Partecipò alla commissione consultiva per la riforma del codice di procedura penale. Nel 1988 mise in guardia la cultura giudiziaria con la pubblicazione di La degenerazione del processo penale in Italia, riprovò nel 1989 con Il nuovo codice di procedura penale: una riforma tradita e nel 1991 con La chiamata di correo nella giurisprudenza, tema magistralmente legato alla prudenza da lui sempre raccomandata nella gestione dei pentiti. Spero e mi auguro che Elly Schlein abbia almeno in parte ereditato dal Senatore Viviani la capacità di indignarsi, ne avrebbe ben donde.

Magari dedicandosi alle disuguaglianze in continuo aumento. Magari non perdendo di vista che, in un mondo globalizzato su grandi poteri finanziari tra loro saldamente interconnessi e spudoratamente sottratti a seri controlli, come tutte le realtà territoriali anche il nostro stato di diritto tende a mostrare la corda per il bisogno di un ubi consistam sempre più sovranazionale.