Una sfida Elly Schlein la ha già vinta: portare a votare alle primarie tanti elettori ed elettrici, stimolati da una passione che lei ha saputo inculcare. Se durerà, vedremo. Ma intanto ha acceso una miccia. La prima donna segretaria del Pd ha una biografia che la rende unica, fuori dagli schemi della politica tradizionale. La vita personale non è tutto, ma è già molto in un mondo dove pubblico e privato si sono intrecciati. Qualcuno però la offende dicendo che è una segretaria ztl, perdendo di vista il fatto che il problema non è la tua origine o la tua storia, ma come questa storia diventa capacità di parlare alle persone, come diventa: proposta politica.

Adesso inizia il viaggio. Un viaggio pieno di pericoli e di possibilità. La prima sfida è l’unità. Va fatto lo sforzo per tenere insieme le varie anime del Pd, senza rinunciare ad aprire il partito alla società civile, a quelle nuove energie che si sono viste davanti ai gazebo. Sembra impossibile, ma se si riesce è un capolavoro. Il Pd, anche se bistrattato da commentatori e giornalisti, in questi anni ha resistito più di altre forze politiche dal consenso assai più altalenante. Questa capacità non va buttata via, va capitalizzata, resa base per poi costruire l’apertura necessaria per rinnovare la forma partito. La crisi della rappresentanza non può essere superata se lo sforzo non viene fatto anche per rivedere le istituzioni politiche del Novecento.

Da una parte c’è il modello che si è rivelato fallimentare del movimento Cinque stelle: dovevano aprire e hanno chiuso, dovevano rinnovare e sono caduti nella trappola peggiore di un partito leaderistico. Dall’altra c’è la forma partito tradizionale che però non basta più. Elly Schlein, senza dilapidare esperienze, saperi e iscritti, deve riuscire da andare oltre, ad aprirsi a quei movimenti culturali e politici che attraversano la società senza incontrare, molto spesso, la politica politicante.

La seconda sfida è nelle corde della neo segretaria. Tutta la sua campagna elettorale ha coniugato i temi sociali e i temi civili. Ora si tratta di fare una politica che riesca finalmente a intrecciare i diritti, senza contrapposizioni vecchie e usate in maniera strumentale in questi anni. Ci si può occupare di migranti, soggettività lgbtq e lavoratori senza soluzione di continuità. Uguaglianza e libertà, femminismo e ambiente non sono questioni contrapposte ma fanno parte – o almeno dovrebbero far parte – della stessa visione politica. Per anni invece ci hanno detto che se un partito o una forza politica si occupano di legge Zan allora non si interessano alle periferie. Se ti occupi di violenza sulle donne non pensi ai diritti dei lavoratori sfruttati. Non era così. Non è così. Oggi questa vulgata va smontata e smentita coi fatti.

Ma per farlo bisogna dire basta a una serie di frasi fatte che ci hanno lungamente ammorbato. Tipo: “bisogna ripartire dalle periferie”, “la sinistra non parla più alle periferie”, “la sinistra non parla ai metalmeccanici”, “basta parlare dei diritti lgbtq, non si pensa ad altro”. Fine. Non usiamole più. L’elezione di Elly Schlein è l’occasione per costruire non solo un’altra politica, ma anche un altro immaginario. Lei di per sé rappresenta un nuovo immaginario. E non è poca cosa in un mondo dove il simbolico spesso vince. La destra lo ha capito, la sinistra in gran parte no.

La terza sfida è forse la più difficile. La leader del Pd non deve cadere nel tranello delle alleanze pensate in maniera politicista. Il pericolo più grande sono le sirene dei Cinque stelle, a cui Schlein ha parlato durante tutta la campagna per le primarie. L’unità va costruita anche con loro, ma senza lasciare fuori, non solo i riformisti del suo partito, ma anche le forze centriste che si muovono fuori dal Pd. Il ragionamento da fare è un altro: costruire le alleanze a partire dalla società. Non pensare che il problema è dire sì a Conte, no a Renzi o viceversa. La mossa da fare, ad iniziare dal proprio progetto politico, deve essere quella di guardare ai cittadini e alle cittadine, alle culture politiche che vivono nella società. Aprire, aprire, aprire. Non chiudersi nelle segrete stanze. Costruire una proposta convincente che possa fare a meno del populismo e del giustizialismo, due mali che da decenni affliggono il discorso politico nazionale e sono anche alla base del successo (quello che resta) dei Cinque stelle. Ma questa critica radicale va fatta se si vuole rinnovare in profondità il dna della partecipazione e del discorso politico.

Schlein ha rotto il muro di cristallo di un partito in cui, nonostante tutti i principi sbandierati, le donne non erano arrivate al vertice. È un cambiamento che avviene non in nome di un generico “essere donna”, ma in nome del femminismo e dei movimenti lgbtq. Questo fa la differenza. Una differenza che ora va giocata e spesa bene per opporsi al governo più di destra (e più crudele) della storia repubblicana. In altri Paesi questi cambiamenti sono già avvenuti, in Italia finalmente abbiamo la possibilità che si crei qualcosa di nuovo. I giovani, che sono quelli che meno vanno a votare, potranno trovare un progetto che corrisponde alla loro sensibilità. Non è una strada facile, ma almeno si vede la direzione di marcia.

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