Il ricordo
Spinelli e De Gasperi uniti nella diversità: l’orizzonte federalista e la realtà prime delle idee. Così la destra nasconde il suo euroscetticismo

Quando la destra italiana evoca un’“altra Europa”, contrapposta a quella di Altiero Spinelli, non lo fa per ragioni storiche, ma per convenienza politica. La presunta contrapposizione tra l’Europa di Ventotene e quella di De Gasperi è una semplificazione che non regge alla prova dei fatti. È una narrazione distorta, funzionale a mascherare le tensioni di una maggioranza sempre più in affanno. In realtà, Spinelli e De Gasperi si incontrarono proprio nel progetto europeista, trovando nella visione federalista un terreno comune tra culture diverse. La loro convergenza rappresenta una sintesi straordinaria tra l’idealità di Ventotene e il realismo politico necessario per trasformare un sogno in realtà, tra il filone laico di ispirazione mazziniana, socialista e liberale e quello cattolico-democratico. Un’intesa incarnata anche dalla figura del liberale Luigi Einaudi, ispiratore degli esuli di Ventotene e interlocutore privilegiato di De Gasperi nella stagione fondativa dell’Europa.
La lettera
A testimonianza di ciò, è opportuno richiamare una lettera, disponibile nel prezioso epistolario degasperiano digitale: nella primavera del 1952, durante il delicato passaggio istituzionale della Comunità europea di Difesa (CED), il Presidente della Repubblica Einaudi scrisse a De Gasperi manifestando soddisfazione per l’istituzione di una Commissione di studio dedicata al progetto, ma lo invitò anche a coinvolgere “federalisti veri”, affinché – testuali parole – “l’idea non si attenui”. Il primo nome che propose fu proprio quello di Spinelli. Questo passaggio è emblematico: mostra come le personalità centrali della politica italiana del secondo Dopoguerra non vedessero contrapposizioni, ma erano accomunate dall’orizzonte comune del federalismo. Non è un caso che il momento più alto dell’incontro tra Spinelli e De Gasperi avvenne proprio sulla CED e, in particolare, nella sua componente più marcatamente federalista – l’articolo 38, che attribuiva all’assemblea della CED il compito di redigere una Costituzione europea – che fu il frutto della pressione esercitata da Spinelli attraverso il Movimento federalista europeo (Mfe) e dell’abilità politica di De Gasperi. Fu proprio Alcide, oltre che promotore dell’intero progetto, a compiere una scelta decisiva: trasferire il mandato costituente all’assemblea già esistente della CECA, così da avviare il processo senza attendere la ratifica del trattato. Ratifica che, come è noto, non avvenne, facendo naufragare tutto.
Il percorso condiviso
La storia, dunque, smentisce l’idea di due Europe incompatibili. Al contrario, racconta un percorso condiviso, costruito da punti di partenza, esperienze e convinzioni diverse ma convergenti. A unire De Gasperi e Spinelli fu innanzitutto la consapevolezza che lo Stato nazionale, dopo due guerre mondiali, era una forma politica inadeguata, da superare attraverso la creazione di poteri sovranazionali capaci di garantire pace e giustizia. Una convinzione nata non solo da riflessioni teoriche, ma soprattutto dalla dura esperienza storica: la lotta contro i totalitarismi e la partecipazione alla Resistenza, che fu luogo d’incontro tra culture diverse, accomunate dalla volontà di un futuro di pace e libertà. In entrambi, inoltre, si ritrova un approccio non ideologico: Spinelli volle che il Mfe restasse indipendente dai partiti, per difendere la trasversalità del progetto federalista. De Gasperi, da un’altra prospettiva, cercò sempre convergenze concrete tra forze distanti, nella consapevolezza che la politica fosse uno strumento per rispondere ai bisogni reali delle persone, non per affermare dogmi di partito. Entrambi, insomma, agivano nella convinzione che la realtà venga prima dell’idea, come avrebbe detto decenni dopo Papa Francesco.
Oggi strumentalizzare queste figure e contrapporle tra loro non è solo storicamente scorretto, ma pericolosamente miope. Serve a generare una falsa narrazione utile a giustificare il vuoto di visione, soprattutto all’interno di una destra che usa le caricature del passato per nascondere la propria matrice euroscettica. Le strategie politiche delle opposizioni dovrebbero tenere conto di questo. Non esiste un’Europa “di Spinelli” e un’altra “di De Gasperi”. Esiste un orizzonte federalista comune, plasmato dal confronto tra percorsi diversi. Una sola Europa, necessaria, che oggi più che mai dobbiamo difendere e rinnovare. Perché oggi come allora conta poco da dove si parte: ciò che conta è salvare questa avventura collettiva. In fondo, uniti nella diversità non è forse l’essenza più profonda del progetto europeo?
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