A Donat Cattin, che era stato un fautore dell’incontro storico con i comunisti, era del tutto passata la voglia di quella stagione. Anche lui, in maniera analoga a quel che fece Cossiga, invertì la rotta facendosi portatore del cosiddetto «preambolo» che consisteva nello smontaggio di quanto ancora rimaneva della collaborazione fra Dc e Pci: la nuova linea era quella di sbattere fuori i comunisti da ogni maggioranza, anche se Giulio Andreotti fece tutto il possibile e anche l’impossibile per riagganciare il Pci grazie al quale sperava un giorno di arrivare al Quirinale.

Nel 1986 come ministro della Sanità di Craxi (che lo apprezzava proprio per la sua incompatibilità con i comunisti e la disponibilità con i socialisti) si trovò il Pci di traverso ogni volta che se ne presentava l’occasione. Così fu attaccato violentemente sulla questione – oggi dimenticata– dell’atrazina: un diserbante inquinante, che superava la quantità massima concessa dall’Europa di 0,1 microgrammi per litro. I sindacati aderenti alla Cgil dichiararono guerra insieme ai verdi di Marco Boato finché il Pci non propose una mozione di sfiducia personale insieme alla Sinistra indipendente e Verdi, che non passò ma che contribuì ad azzopparlo ulteriormente, mentre la stella del suo protettore Craxi perdeva di forza.

Sull’Aids, Donat Cattin fece una gaffe che gli valse molte palate di fango, non del tutto immeritate. Disse infatti che «l’Aids ce l’ha chi se lo va a cercare», alludendo pesantemente alla forte incidenza di omosessuali maschi fra gli infettati dal virus Hiv E in questa battutaccia c’era un po’ di tutto: una vena di cattolicesimo conservatore, una rusticana ostilità per le élite intellettuali e omosessuali molto diffusa nel Piemonte e nella Liguria operaie e che costituivano paradossalmente lo stesso bacino sardo-ligure-piemontese di cui era nutrito il Pci di Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer e fino a Natta.

Nulla di più che una significativa coincidenza geografica con l’antico Regno di Sardegna, che però nella vecchia e buona Repubblica che chiamiamo “prima” come se ce ne fossero state altre, aveva un certo valore codificato dall’asprezza di i duelli mortali, combattuti senza mettere di mezzo amici o parenti, perché con quelli, al massimo, ci si mangia l’agnello a Pasqua. Donat Cattin fu il secondo padre dello Statuto dei lavoratori, dopo Giacomo Brodolini, ma probabilmente pochi lo ricordano per questo e dunque lo facciamo noi nel tentativo di rimettere insieme alcuni pezzi e capire come andarono le cose.

Avatar photo

Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.