Un albergo in Campania viene travolto dalla crisi. I 32 lavoratori stagionali – bagnini, camerieri, facchini – chiedono all’Inps il bonus da 600 euro concesso dal governo nazionale per il mese di marzo. Alla fine, però, soltanto otto riescono ad avere i soldi, mentre gli altri 24 non vedono un euro. Il motivo? Decreto Cura Italia alla mano, chi ha lavorato anche per un solo giorno nel 2020 non può essere considerato stagionale. Così come non può considerarsi stagionale l’attività svolta nelle strutture di quegli imprenditori che si impegnano per lavorare 365 giorni l’anno. Eccola, la fotografia di un’Italia schizofrenica, devastata dalla crisi e paralizzata da una burocrazia che non offre certezze a chi pure ne avrebbe bisogno.

Andiamo con ordine. Il decreto Cura Italia ha previsto un contributo da 600 euro a favore di circa 280mila lavoratori stagionali in tutta Italia. La stragrande maggioranza di loro non ha ricevuto ancora il bonus e il primo motivo ha del paradossale. C’è un regio decreto risalente al 1923, mai abolito, che considera stagionali le aziende che chiudono per almeno 90 giorni l’anno. Quando fu varata quella norma, però, l’idea che uno stabilimento balneare potesse rimanere aperto anche d’inverno puntando sulla ristorazione o sull’organizzazione di eventi doveva ancora farsi strada. Mentre quella norma si appresta a spegnere le sue prime cento candeline, molte sedi Inps la utilizzano per giustificare il mancato versamento del bonus agli stagionali: “Il tuo lido resta aperto tutto l’anno? Allora non ti do un euro e pazienza se crepi di fame insieme alla tua famiglia”.

Seconda ragione. Molte sedi Inps non stanno versando il bonus agli stagionali che, nei primi due mesi del 2020, hanno lavorato anche per pochi giorni. Il fatto che un giovane abbia fatto un extra come cameriere in occasione di San Valentino, per esempio, lo esclude automaticamente dal novero dei beneficiari del bonus. Per questi motivi alcune sedi Inps non hanno ancora pagato. In altri casi, invece, gli stagionali si sono visti negare il bonus concesso ai colleghi. E non va meglio ai lavoratori in attesa della cassa integrazione in deroga: su un milione e mezzo di aventi diritto in Campania, solo 97mila sono stati pagati. Di qui la presa di posizione di Nino Carmine Cafasso, giuslavorista e presidente dell’Associazione Imprese di Servizi (Ais): “Sorvolando sull’esiguità e sull’iniquità dei contributi previsti dal governo, è inaccettabile che migliaia di lavoratori siano ancora in attesa del bonus a causa della mancanza di disposizioni univoche da parte dell’Inps”.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.