Domenica scorsa Laura Fresu, cugina di Maria Fresu ha preso carta e penna e ha scritto una lettera furibonda, colma di dolore e indignazione, contro il presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Bologna Paolo Bolognesi e contro i, non meglio precisati, “fascisti”. All’origine c’è una decisione presa dallo stesso Bolognesi: quella di cancellare il nome di Maria Fresu dall’elenco delle vittime della strage, dove compare invece il nome della figlia di Maria, Angela Fresu, anche lei vittima della strage ad appena 3 anni.
La vicenda è complessa e confusa. Conviene ricapitolarla sia pure per sommi capi. Il 2 agosto 1980 Maria stava andando in vacanza con la figlia e due amiche. Furono schiacciate dal crollo del tetto della sala d’aspetto nella quale esplose la bomba. La figlia e una delle amiche morirono lì, un’altra amica sopravvisse. Del corpo di Maria non si trovò traccia. Fu attribuito alla sua salma, piuttosto arbitrariamente, un “lembo facciale” recuperato fra le rovine. Apparve subito un’attribuzione poco convincente. Quel lembo apparteneva a una persona uccisa evidentemente dall’esplosione. Maria, Angela e le due amiche erano state invece vittime del crollo e la sopravvissuta, Silvana Ancilotti, ha sempre ripetuto che Maria Fresu non si era allontanata al momento della tragedia.

Nonostante i comprensibili, e giustificati, dubbi nessuno ha mai cercato di chiarire davvero se quel lembo facciale appartenesse davvero a Maria Fresu per decenni. Meno di tutti l’Associazione parenti delle vittime, presieduta dal 1996, dopo la morte di Torquato Secci, da Bolognesi, che nella strage perse la madre della moglie, e che Laura Fresu accusa ora di essere un “presidente a vita”, il “padrone” dell’Associazione ma anche, dopo essere stato eletto nelle liste del Pd nella scorsa legislatura, di non aver fatto niente, come parlamentare, per cercare la verità su Bologna, entrando invece a far parte della commissione Moro.

Gli accertamenti sono stati fatti, nel corso del processo contro l’ex Nar Gilberto Cavallini. È stato appurato che il lembo facciale non è di Maria Fresu e neppure un dito, sempre attribuitole. Quei resti sono di due donne distinte e nessuno dei due dna corrisponde a quello della ragazza sarda. Ecco perché Bolognesi ha deciso di cancellare il suo nome dall’elenco delle vittime, provocando la comprensibile reazione di Laura. Si tratterebbe comunque di un gesto incomprensibile e offensivo, dal momento che la donna, scomparsa da quel giorno, è certamente una delle vittime della strage. Ma è una decisione tanto più odiosa in quanto Bolognesi e l’Associazione, come peraltro la magistratura di Bologna, non hanno mosso un dito per chiarire se quei resti appartengano a qualcuna delle altre vittime, e le possibilità sono in realtà molto limitate: basterebbero pochissimi esami del dna. Che nessuno chiede e, al solito, meno di tutti Bolognesi e l’Associazione.

Appare evidente, come già più volte in questi decenni, che per l’Associazione la verità è importante solo se conferma le sentenze e la responsabilità dei fascisti. Tutto quel che crea dubbi, e il mistero della salma di Maria Fresu è senza dubbio un elemento tra i più oscuri, va semplicemente chiuso in un cassetto e dimenticato. Nella sua lettera Laura Fresu accusa anche “i fascisti” di strumentalizzare il caso di sua cugina, addirittura avanzando il sospetto che fosse lei a portare la bomba. Di pazzi in giro, soprattutto sui social, ce ne sono a bizzeffe ma non mi pare che nessuno con voce in capitolo abbia mai sostenuto un’ipotesi così delirante. È vero invece che è stato avanzato il dubbio legittimo che il corpo dilaniato dall’esplosione, e dunque molto vicino all’ordigno, potesse essere quello dell’attentatrice. Fare chiarezza in materia sarebbe il dovere non solo degli inquirenti ma anche di Paolo Bolognesi. Sarebbe un atto dovuto a tutte le vittime e forse in particolare proprio a Maria Fresu. Bolognesi ha preferito cancellarne il nome. Come fa da anni con tutto quel che confuta la verità precostituita sulla strage di Bologna.