“Ho sempre avuto paura…le donne e i bambini hanno sempre pianto e gridato aiuto perché temevano che la barca potesse affondare (…) Quando il barcone si è fermato noi eravamo impauriti dalle condizioni del mare, per tranquillizzarci ci hanno mostrato l’iPad con la rotta e la distanza fra la nostra posizione e la terraferma, dicendoci che volevano far passare quelle ore per farci sbarcare nel cuore della notte e non incappare nei controlli di polizia”. Inizia così il racconto raccolto dal Corriere della Sera e riportato nei verbali che ricostruiscono quei momenti drammatici in cui il barcone carico di migranti è drammaticamente naufragato a pochi metri dalla spiaggia di Cutro.

Tanti racconti dei superstiti che raccontano la loro personale Odissea: prima gli anni di cammino per arrivare sulla costa turca poi quella drammatica traversata del mare di notte in tempesta. E la morte dei loro cari che volevano solo portare in salvo. Il mare era in tempesta e tutti a bordo avevano paura. All’improvviso il forte colpo: la barca si era spezzata. La situazione nella stiva era drammatica: “C’era una perdita di gasolio e alcuni si erano inzuppati i vestiti”. Raccontano che ogni tanto uno degli scafisti scendeva nella stiva per portare acqua ai bambine e forse infastidito si raccomandava: “Non fateli piangere”.

Gli scafisti disponevano di telefono satellitare e un apparecchio tipo Jammer (per disinibire il segnale dei cellulari, ndr). Ci facevano salire di sopra solo per esigenze fisiologiche o per prendere pochi minuti di aria prima di farci ritornare nella stiva”, dice un altro sopravvissuto. Dai racconti emerge che prima del naufragio avevano insistito nel chiamare i soccorsi perché le condizioni del mare erano spaventose. Ma gli scafisti non vollero. Avevano scorto sulla costa dei fasci di luce: “Pensando che segnalassero la presenza di poliziotti, hanno fermato la navigazione cercando di cambiare rotta e modificare il punto di approdo”.

Manovra che sulla barca suscitò molto malumore e ancora più preoccupazione. “Quella manovra — prosegue la testimonianza — suscitò i malumori di noi migranti, ormai stremati. Dopo il repentino cambio di rotta le onde alte hanno cominciato a far muovere e piegare la barca fino a quando improvvisamente ha urtato contro qualcosa e ha iniziato a imbarcare acqua e inclinarsi su un fianco”. Poi la tragedia senza fine, la morte e la disperazione.

A verbale ci sono an che i racconti dolenti dei soccorsi, come quelli dei carabinieri di Cutro che hanno toccato con mano quella tragedia. “Fra i corpi c’era quello di un bambino, abbiamo provato a fargli un massaggio cardiaco di emergenza ma era ormai privo di vita”, ha raccontato un carabiniere distrutto dal dolore. Persone “al buio, bagnate, alcune ferite”, un uomo “annaspante e in evidente sofferenza respiratoria” e poi quel bambino, un dramma umano anche per chi ha provato a fare qualcosa ma ormai era troppo tardi.

Avatar photo

Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.