Affermava Umberto Saba: “Il meglio del vivere sta in un lavoro che piace e in un amore felice”. A leggere il rapporto FragilItalia – Lavoro e alienazione, curato da Area Studi Legacoop in collaborazione con Ipsos, il concetto di piacere rischia di diventare una scommessa persa con il futuro. Secondo l’indagine, il 42% degli italiani associa al proprio lavoro connotazioni negative, come “stressante”, “faticoso” o “distaccato”. Una visione particolarmente diffusa tra i 31 e i 50 anni – cioè nel pieno dell’età lavorativa – dove il dato sale al 60%, e tra chi appartiene al ceto popolare, dove raggiunge il 50%.

Lavoro e realizzazione personale che non c’è

Ancora più eloquente è il dato relativo alla realizzazione personale: il 55% degli intervistati si sente più realizzato nelle attività svolte al di fuori del lavoro. In particolare, tra i lavoratori del ceto popolare (64%) e tra i 31-50enni (62%) prevale la percezione che il proprio lavoro non offra soddisfazioni né senso di compiutezza. Solo una minoranza (34%) descrive il lavoro con tratti positivi, come “dinamico” o “creativo”. Quattro lavoratori su dieci dichiarano di non poter esprimere la propria personalità nell’attività professionale. Questo sentimento è fortemente presente tra gli under 30 (49%), tra i lavoratori meno istruiti (52%) e nel già citato ceto popolare (61%). Inoltre, il 23% si sente disconnesso dal prodotto finale e il 22% avverte una mancanza di scopo o di significato.

Lavoro “trappola di fatica e frustrazione”

In questo clima di sfiducia, qualche flebile luce di speranza c’è: gli over 64 e il ceto medio mostrano indicatori più equilibrati. Il 71% dei primi e il 68% dei secondi dichiarano di riuscire a esprimere sé stessi nel lavoro; il 62% degli over 64 trova ancora un senso nel proprio mestiere, contro un misero 22% nel ceto popolare.

Per il presidente di Legacoop, Simone Gamberini, “il lavoro, oggi, rischia di diventare una trappola di fatica e frustrazione. Stress, alienazione e insoddisfazione colpiscono soprattutto chi dovrebbe essere nel pieno della propria vitalità professionale. Senza un lavoro che valorizzi le persone, si svuota il senso stesso della crescita economica e sociale. Serve un impegno comune delle istituzioni e delle parti sociali per restituire al lavoro dignità, sicurezza e senso”.