Ancora proteste in Iran: anche in Qatar, dove la nazionale di calcio non ha cantato l’inno nella prima partita ai Mondiali contro l’Inghilterra, e in tutto il Paese dove continuano le proteste contro le autorità, a oltre due mesi dalla morte della 22enne Mahsa Amini. Una lunga inchiesta della CNN getta un’ulteriore ombra sulla repressione violenta delle manifestazioni: il lavoro del giornale statunitense riguarda le violenze e le molestie sessuali che le Guardie della Rivoluzione della Repubblica islamica avrebbero commesso in strada e nei centri di detenzione ai danni delle manifestanti.

Le proteste sono esplose a metà settembre quando si è diffusa la notizia della morte di Mahsa Amini, 22enne fermata dalla polizia religiosa perché non indossava correttamente il velo, obbligatorio per tutte le donne in Iran a partire dagli otto anni. Amini è morta per le autorità a causa di un tragico malore, per la famiglia a causa delle violenze subite. E così le proteste sono esplose nel Kurdistan iraniano, regione d’origine della 22enne, per poi diffondersi in tutto il Paese. Virali in tutto il mondo i gesti di protesta di tagliarsi una ciocca di capelli e di incendiare il velo delle donne iraniane.

Secondo gli autori dell’inchiesta – basata testimonianze di vittime, medici e video circolati sui social network – durante questi mesi di proteste viene confermato almeno un caso di stupro nei confronti di un’adolescente e di un’altra persona gravemente ferita. Stando agli autori gli agenti della Repubblica islamica avrebbero anche filmato alcune scene di violenza per ricattare e mettere a tacere i manifestanti. I giornalisti citano anche il caso di Armita Abbasi, 20enne di Karaj arrestata con l’accusa di essere una delle “leader delle proteste”, arrestata per alcuni scritti sui social e dopo il ritrovamento di dieci molotov nel suo appartamento.

Le autorità hanno smentito aggressioni o abusi sessuali nei suoi confronti. Sui social la giovane ha diffuso contenuti che invece indicherebbero il contrario, che le violenze si siano invece consumate. Secondo le testimonianze dei medici dell’ospedale Imam Ali, dove la giovane è stata portata d’urgenza il 17 ottobre, Armita era stata “torturata e brutalmente stuprata” e “aveva la testa rasata e tremava”, “stava così male che abbiamo pensato avesse un tumore”. La CNN non è riuscita a parlare né con la ragazza, al momento nel carcere di Fardis, né con la famiglia.

Casi di abusi e violenze sessuali nei confronti di manifestanti e fermate erano già state denunciate nei mesi scorsi, anche da Bbc Persian. Il governo intanto ha fatto sapere che quaranta cittadini stranieri sono stati arrestati “per il loro coinvolgimento nelle proteste” come ha dichiarato il portavoce della magistratura iraniana, Masoud Setayeshi in conferenza stampa. Le autorità continuano ad accusare “nemici stranieri e i loro agenti segreti” per aver architettato le proteste contro il presidente iraniano Ebrahim Raisi e l’ayatollah Khamenei.

Secondo l’Ong Iran Human Rights Organization le persone uccise dall’inizio delle proteste sarebbero almeno 378, migliaia i manifestanti e i dissidenti incarcerati. Per l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’Onu sono oltre 300 i morti, oltre 40 i bambini. Il portavoce capo delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Turk ha chiesto una moratoria immediata sulla pena di morte contro i manifestanti approvata nelle settimane scorse dal parlamento iraniano. Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite proporrà giovedì l’avvio di un’indagine internazionale sulle violenze e la repressione. Preoccupazione anche per gli scontri sul fronte curdo dove, secondo il portavoce dell’OHCHR Jeremy Laurence, “oltre 40 persone uccise dalle forze di sicurezza solo nell’ultima settimana”.

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