I due pool che le case d’auto europee stanno creando, per cercare di far slittare al 2027 i limiti di emissione di CO2, dimostrano due cose. Visti i capi cordata dei due contendenti, l’Europa si sta trasformando nel terreno di scontro di una nuova guerra commerciale dai connotati squisitamente geopolitici. D’altra parte, è la presa d’atto del mondo-auto che la direzione verso l’elettrico è a senso unico. E che un qualsiasi salvataggio del termico suona ormai come un accanimento terapeutico verso un’industria che o cambia o cambia.

USA contro Cina

Partiamo dalle squadre in fase di formazione. La prima – quella che ha fatto alzare il sopracciglio – è fatta da Stellantis, comprese le sue controllate francesi Peugeot e Citroën, Toyota, Ford, Mazda e Subaru. In totale sono 16 i produttori che fanno capo a Tesla, la quale intende farsi acquirente dei crediti green. Nella trincea di fronte, si trovano Mercedes, Volvo, Smart e Polestar, il cui minimo comune denominatore è la partecipazione di capitali cinesi. Ancora una volta Usa contro Cina, quindi! Le auto green del miglior amico di Trump rivaleggiano con quelle di Pechino, che chiudono l’anno con un boom di immatricolazioni (+40,7%), che assegna al loro Paese la leadership mondiale delle E-car. D’altra parte, Musk agli occhi di mezza Europa fa l’effetto di un vessillo rosso davanti a un toro. Un po’ se l’è andata a cercare. Tuttavia demonizzare Tesla in quanto figlia di questo Faust 4.0 non permette di osservare come nessuno dei due pool sia davvero indipendente in questa transizione ecologica che l’Ue si è imposta cinque anni fa e che, ora, non è in grado di gestire.

Decarbonizzare l’automotive

I nostri obiettivi di decarbonizzare l’automotive hanno innescato un processo di deindustrializzazione che, a sua volta, sta lasciando libero spazio agli stranieri d’oltreoceano e dell’Estremo oriente, entrambi più avanti di noi. C’è di buono una cosa. Ed è questo il secondo punto. Pur essendo due i pool – quando si lotta contro una legge da modificare, si dovrebbe restare uniti – e guidati da non europei, l’automotive ha finalmente realizzato in che epoca vive. Il trend del motore elettrico è inarrestabile. Centri studi, società di consulenza e soprattutto il mercato lo confermano con analisi e grafici ormai quotidiani. Può essere che le economie deboli come le nostre lo percorrano più lentamente. La crisi del settore c’è. Anfia parla di un -4,9% a dicembre, su base mensile. Contro uno stallo tendenziale del -0,5% di dicembre 2024 su dicembre 2023. Meno peggio che in Germania, dove si assiste a un vero e proprio crollo.

Una locomotiva che ha la strada segnata

Il Business Climate Index per l’industria automobilistica tedesca elaborato dall’Istituto economico Ifo è sceso a dicembre 2024 a meno 34,7 punti, rispetto ai meno 32,4 punti (dati stagionalizzati) di novembre. «L’industria automobilistica è così scivolata sempre più in crisi», afferma Anita Wölfl, esperta del settore per Ifo. Sono numeri che spingono a correre ai ripari. Ammesso che non sia tardi.

All’atto pratico, questo significa adeguarsi a un processo di elettrificazione che si sta palesando a monte quando a valle dei costruttori. Nel momento in cui Aramco (a monte) investe 3,28 miliardi di dollari in energia solare, vuol dire che anche i giganti del petrolio l’hanno capito. È in corso un processo di trasformazione industriale senza precedenti. L’Oil & Gas sta mutando pelle. È in questa cornice che gli analisti più raffinati inquadrano perfino le intenzioni di tornare alle trivelle da parte di Trump. Per gli Usa, estrarre petrolio significa aumentarne la produzione mondiale e incidere sui prezzi, a svantaggio così dell’Opec+ (quindi Russia e Iran inclusi), che potrebbero vedersi costretti a trattare per un Brent ben al di sotto degli 80 dollari di oggi. Del resto, nelle dimensioni della nostra piccola Italia, ci sarà pur un motivo se (a valle) Plenitude mira a installare una colonnina di ricarica elettrica ogni 50 chilometri su tutta la rete autostradale nazionale. Con fornitori e distributori che si stanno comportando così, il motore termico è un po’ come il Bufalo Bill di Francesco De Gregori, che gareggia contro una “locomotiva che ha la strada segnata”.