Omaggiare Tom Cruise al 75esimo Festival di Cannes è garanzia di spettacolarità e di adrenalina pura. L’attore, 60 anni a luglio, regala un’entrata indimenticabile in elicottero atterrato sul Palais Des Festival per l’anteprima di Top Gun: Maverick, il tutto dopo un’ora piena di masterclass dove si è raccontato in fiumi di parole al giornalista francese Didier Allouch. Presentato sul palco da Thierry Fremaux, delegato generale del Festival con un montaggio dei suoi film più significativi, Tom Cruise è stato da subito definito un “real movie lover”, un attore cinefilo. «Il cinema è la mia passione», dichiara. «Adoro andare al cinema da spettatore, mi metto un cappello per nascondermi e mi vedo il film con gli altri».

Un uomo che si è fatto da solo, che del suo amore, la settima arte, ha imparato tutto guardando film, respirandoli, facendoli: «Sono cresciuto con Buster Keaton, Harold Lloyd e Charlie Chaplin, ho studiato le origini del cinema, il racconto cinematografico e come si evolve». Con arte oratoria non da poco, Tom Cruise poi torna indietro nel tempo, al bambino che è stato e che sognava grandi cose: «Mi ricordo quando ero piccolo, avrò avuto 4 anni, volevo pilotare gli aerei, volevo vivere un’avventura. Sono sempre stato un bambino a cui piaceva fare cose spericolate, arrampicarmi sugli alberi più alti e poi scrivevo storie, personaggi. Ho fatto tantissimi piccoli lavori, spalato la neve, tagliato l’erba, venduto i biglietti di Natale porta a porta. Poi all’improvviso, ho 18 anni e il mio primo lavoro nel cinema, su un set. Ero riuscito a ottenere una piccola parte. Ho pensato che se non avessi più avuto la possibilità di fare un film, dovevo imparare tutto quello che potevo.

Così, sono andato da ogni reparto a cercare di imparare il più possibile, dalla fotografia, le luci, le lenti ed ogni piccolo aspetto di un film. Sono stato quel tipo di ragazzo che scriveva gli obiettivi che voleva raggiungere su un muro». Non è solo attore Tom Cruise, è anche produttore, «passo molto tempo con i proprietari dei cinema», dice. Ha rassicurato gli esercenti: «Sta per uscire Mission Impossible e ancora Top Gun: Maverick, la gente tornerà in sala. «Io faccio film per il grande schermo – ribadisce -. Faccio film pensati non per fermarsi agli incassi del primo weekend, ma che durano sulla lunga distanza». Come non dargli ragione, a giudicare dal successo che prevediamo, senza dubbi, per Top Gun: Maverick, sulla carta l’ennesimo sequel ma che invece, garantiamo, restituisce la stessa epica del film di Tony Scott del 1986 e la rinnova con una storia che parla di padri e figli, eredità emotive e superamento dei limiti.

Non ha mai vinto Oscar o altri premi importanti ma Cruise rivendica l’importanza del suo impegno, della sua instancabile dedizione all’azione, alla recitazione fisica, totale, rischiosa. Coglie l’occasione di rispondere definitivamente a chi lo interroga sulla sua decisione di non avvalersi di controfigure nei suoi film più pericolosi come la saga di Mission Impossible. «Nessuno chiedeva a Gene Kelly: perché balli? Perché fai i tuoi numeri da solo? Faccio i miei stunt perché è ciò che amo, come mi esprimo». A giustificare questa sua spericolata attitudine arriva il racconto di un “volo” intrapreso nell’infanzia: «Mi ricordo che da piccolo presi le lenzuola dal letto, le legai con un nodo e cercai di trasformarle in un paracadute con cui mi lanciai dal tetto. Mia madre era in cucina, sarei potuto morire». Chiude l’incontro citando nuovamente il potere della memoria e del ricordo, caratteristica fondamentale del suo essere artista: «Ricordo ogni momento, ogni scena, che lenti sono state usate, i movimenti. Ricordo tutto, è ciò che sono».