Egregio presidente della Regione Toscana Eugenio Giani,

egregio presidente del Consiglio regionale della Toscana Antonio Mazzeo

La Comunità ebraica di Firenze e Siena in questi lunghi mesi di guerra si è fatta portavoce di iniziative di pace e di dialogo. Da sempre propone una via, stretta e lunga, per il principio dell’autodeterminazione dei popoli, il confronto e il dialogo, la necessità di un percorso comune tra israeliani e palestinesi che ponga fine a questo conflitto orribile. Le numerose mozioni portate al voto del Consiglio regionale l’11 giugno, nonché le interrogazioni al presidente della Regione, sono arrivate all’indomani di una manifestazione nazionale per Gaza a Roma, e a poca distanza dalle iniziative di Emilia Romagna e Puglia per interrompere i rapporti economici e istituzionali con il governo israeliano.

Mi rivolgo a Voi a nome della Comunità che ho l’onore di rappresentare: vi chiedo di restare fedeli allo spirito che da lungo tempo è lo spirito con cui la nostra Regione si è mossa. Lo spirito di creare apertura dove prevale il desiderio di rinchiudersi; di creare dialogo dove prevale la paura del confronto; di portare chi si combatte a cercare strade per la costruzione della pace. Quello spirito è incompatibile con qualsiasi forma di boicottaggio, di censura, di chiusura. Quello spirito vive del libero scambio di idee, di persone, di lavoro, di impresa; della disponibilità alla conoscenza e al confronto, assai più potente di qualunque provvedimento sanzionatorio, soprattutto se a farsene portatore è una parte di mondo come la Toscana, piccola in dimensione geografica ma grande come immagine e autorevolezza.

Un esempio fra i tanti credo che chiarisca cosa intendo: una delle interrogazioni avanzate pone in dubbio la compatibilità fra la carica di console d’Israele e la presidenza della Fondazione dell’ospedale Meyer. Un console non è rappresentante di un governo, ma di uno Stato. Non di un primo ministro e delle sue politiche, ma di un popolo. Quale messaggio intendono esprimere i promotori di quella interrogazione, così come le associazioni che si accampano in piazza con la richiesta di rimozione di quel console dal suo ruolo al Meyer? Che uno Stato intero, Israele, sarebbe indegno di collaborare alla vita collettiva della nostra Regione. Se è così, è tutto un popolo da ritenersi bandito dal consesso civile del nostro territorio. Se alla critica, inequivocabilmente legittima, di un governo e delle sue politiche si sostituisce la condanna per un Paese, per un popolo, allora è rotto un patto di fratellanza che qui da noi non era mai stato messo in discussione dal Dopoguerra.

In questo stesso spirito mi appello a voi: non rinunciate a esprimere con forza le vostre convinzioni, che sono il sale della nostra libertà e della nostra democrazia. Protestate a gran voce a nome della Toscana contro la guerra in Medio Oriente, ma non rinunciate a sventolare entrambe le bandiere. Resto fiducioso che le istituzioni regionali sapranno restare fedeli ai princìpi che le hanno animate sin qui, rifiutando propositi di boicottaggio e chiusura che si accoderebbero a politiche fallimentari già messe in atto altrove, oggi e in altri tempi nella durata dell’atroce conflitto mediorientale. È un impegno difficile, ma da voi e dalla Regione Toscana, di cui siamo orgogliosi di far parte, non ci aspettiamo di meno.

Enrico Fink

Autore

Presidente della Comunità ebraica di Firenze