Caro Direttore,
la decisione del Papa di dichiarare il 7 ottobre giorno di digiuno è un monito lungimirante sul piano storico. Il digiuno serve a ricordare all’opinione pubblica mondiale tre fatti incontrovertibili: Hamas con la sua terribile strage ha compiuto il più grave attentato contro il popolo ebraico dalla Shoah ad oggi; la violenza indiscriminata delle brigate Al Quassam il 7 ottobre ha ucciso e rapito civili innocenti di diverse nazionalità e religioni ed ha compiuto barbarie di ferocia inaudita contro le donne e bambini; chi ha l’ obiettivo di cancellare Israele dalla carta geografica (un cancro da estirpare secondo l’Ayatollah Khameini) punta ad innescare una spirale di escalation nella regione mediorientale e a riaccendere l’ antisemitismo in tante parti del mondo.

La valutazione

Il popolo palestinese dovrebbe avere il coraggio di compiere una seria riflessione politica complessiva su quanto è successo negli ultimi 25 anni. La violenza terroristica di Hamas e di Hezbollah (nonostante la legittimazione di Russia e Cina) così come i recenti attacchi missilistici dell’Iran, hanno allontanato la prospettiva di uno Stato palestinese che negli anni novanta sembrava vicina.

Qualunque sia la valutazione sulle politiche dei governi israeliani la storia insegna che altri paesi – a partire dall’India – hanno scelto strategie risolute, ma molto meno violente raggiungendo con successo il loro obiettivo.

Una nuova occasione

Il 7 ottobre come giorno del digiuno potrebbe essere l’occasione per la vasta comunità cattolica palestinese di lanciare una nuova via politico-diplomatica capace di riaprire gli accordi di Abramo facendo in modi, però, che essi questa volta non ignorino la questione palestinese e offrano nel contempo garanzie efficaci sulla sicurezza di Israele oggi attaccato da ben sei fronti: Gaza, Libano, Yemen, Iraq. Siria e last but not least, Iran.

Marco Mayer

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