Le varianti del Covid spaventano tutta la popolazione mondiale. A preoccupare è soprattutto la variante Delta che sembra essere quella più contagiosa. Come fare a riconoscerla? I dati raccolti da maggio nello studio inglese Zoe Covid Symptom effettuato su pazienti certamente contagiati dalla variante Delta, evidenziano che il sintomo più diffuso è il mal di testa, seguito da mal di gola, naso che cola e febbre. Insomma qualcosa che somiglia a un raffreddore. Non ci sarebbero più tosse e perdita dell’olfatto come sintomi maggiormente diffusi fin ora.

“La variante Delta sembra dare sintomi leggermente diversi: di più a carico dell’apparato respiratorio superiore come mal di gola, naso che cola e mal di testa e raramente anosmia”, ha spiegato Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute. E questo può essere potenzialmente un pericolo. Gli iniziali sintomi lievi potrebbero essere scambiati infatti per un banale raffreddore, soprattutto tra i più giovani che hanno meno probabilità di sviluppare una malattia grave.

Il malessere per questo motivo potrebbe essere trascurato e sottovalutato. Chi lo contrae potrebbe dunque non capire subito che si tratta di variante Delta del Covid e non decidere per l’autoisolamento da subito. Ed è così che la variante potrebbe maggiormente propagarsi silenziosamente. A questo si aggiunge anche una certa diffidenza sui vaccini da parte della popolazione che, dopo un primo iniziale entusiasmo, sta lentamente venendo meno alla chiamata vaccinale. E così c’è il rischio della proliferazione del virus e soprattutto che si generino altre mutazioni. Per questo motivo è importante conoscere tutto quello che c’è da sapere sui meccanismi delle varianti. Perchè si generano queste mutazioni? Quanto i vaccini possono spezzare questa catena? Il Riformista ha sottoposto a Gennaro Iaconis, dottorato in Virologia, ricercatore presso il Dipartimento di Medicina dell’Università di Cambridge, alcune delle domande che maggiormente preoccupano le persone e che ancora sono indecise sull’importanza di fare il vaccino.

Che effetto ha la variante delta su una persona vaccinata e quale su una non vaccinata?

Sicuramente l’insorgenza di questa nuova variante (Delta) ha creato un po’ di scompiglio e perplessità nella popolazione, ed è giusto porsi delle domande riguardo l’efficacia del vaccino precedentemente fatto, nei confronti di un’altra variante. Quali possono essere i rischi di un paziente affetto da Covid19 di contrarre nuovamente la malattia? Come ogni buon discorso, proviamo a fare un po’ di chiarezza sui dati che ci sono al momento. La maggior parte delle informazioni ad oggi, sono fornite dai casi emersi in Gran Bretagna, perché qui la variante Delta sembrerebbe essersi impadronita della scena a discapito della altre varianti. I dati che ci vengono forniti sono comunque a posteriori, cioè sul numero di casi totali di pazienti infettati dalla variante Delta, quanti di questi erano vaccinati, con una o con due e con quali vaccino. Si è dunque notato che chi aveva fatto il vaccino, aveva comunque un’incidenza minore. Non si hanno differenze apprezzabili nell’efficacia di un vaccino nei confronti delle diverse varianti. Purtroppo il momento che attraversiamo chiede valori definitivi ed assoluti. Ma i dati ottenuti su casi circolanti e a posteriori anche costituendo un dato valido, devono tuttavia essere considerati in basi al contesto demografico del campionamento.

È vero che il virus si replica nelle persone non vaccinate?

Per quanto questo virus possa sembrare speciale, come tutti i virus, è capace di fare “solo” due cose, infettare e replicarsi. Certo, è in grado di sfruttare al meglio e con un’efficienza assoluta la complessa struttura biologica dell’ospite (uomo o animali), ma comunque il fine ultimo è la propagazione. Una macchina così efficiente sarà dunque in grado di replicarsi in maniera ottimale in un soggetto non vaccinato.

È vero che il virus replicandosi può mutare? Dipende dalle persone che lo contraggono o ci sono altri motivi?

La forza evolutiva dei virus non è tanto nell’efficienza delle mutazioni, ma nel numero con cui queste avvengono. Essendo le mutazioni casuali, possiamo quasi azzardarci a dire che il virus va a tentativi e, prima o poi, una mutazione sarà favorevole, conferendogli un vantaggio. Certo, la tipologia delle variazioni è dettata dall’ambiente in cui si trova (l’ospite, uomo o animale), ma la variabilità è una caratteristica intrinseca di tutti i virus. Ci sono virus che mutano meno e altri mutano più spesso, e questo è dettato dalla tipologia del “bagaglio” con cui le informazioni sono custodite all’interno del virus (il genoma, a DNA o RNA).

Il vaccino può spezzare la catena della generazione delle varianti?

È indubbia l’utilità del vaccino, ma la sua efficacia potrà essere stabilita solo con il tempo. I trial effettuati sui vaccini indicano una diminuzione della malattia Covid19, ma ancora non ci sono dati sufficienti ad indicare l’efficacia del vaccino nel bloccare la trasmissione del virus. Fino ad ora gli studi pubblicati hanno messo a confronto l’incidenza dell’insorgere della malattia tra due differenti gruppi (chiamati in gergo popolazioni): vaccinati e non vaccinati. E i dati sembrano indicare che chi è vaccinato sia protetto. Questo è un grosso passo avanti, perché’ si parla del mondo reale e non di un sistema controllato come quello di un trial.

In che modo la vaccinazione di massa può bloccare il proliferare delle varianti?

Sull’efficacia dei vaccini nei confronti delle diverse varianti ci sono dati confortanti, ma si parla sempre di dati a posteriori e di probabilità, che quindi segue la legge dei grandi numeri. Appare naturale che nonostante l’efficacia degli stessi, alcuni virus riescono a variare ulteriormente, riuscendo a scappare alle maglie del vaccino. La capacita di bloccare l’infezione con anticorpi neutralizzanti sicuramente previene l’accesso del virus all’interno della cellula, e quindi lo stesso si trova nell’incapacità di accedere alla “catena di montaggio” gentilmente messa a disposizione dalla cellula. Quindi, visto che le mutazioni che danno luogo alle varianti insorgono quando il virus si replica, e visto che il virus non può replicare perché è confinato fuori, la produzioni di anticorpi (attraverso la vaccinazione) può’ prevenire l’insorgenza di altre varianti.

Se ci vacciniamo tutti il Covid diventa come un’influenza?

Qui bisogna cercare di capire cosa si intende per ” diventare come un influenza”. Sarà un virus di tipo stagionale? o semplicemente dovremmo imparare a conviverci? Proviamo a rispondere alla prima. In virologia, una “ondata” è un evento epidemiologico caratterizzato da un aumento improvviso dei casi in un lasso di tempo circoscritto. Tale ondata ha un ben caratterizzato inizio ed una fine. Cioè si ha una impennata nei casi positivi e una diminuzione più o meno improvvisa, che non vuol dire che il virus è sparito, ma è latente nella popolazione, e si presenterà con una stagionalità più o meno precisa. Le ondate sono caratteristiche intrinseche dei virus, e riflettono la società in con la quale il virus si “confronta”. Al momento attuale , non sappiamo se il virus ha caratteristiche periodiche ( e quindi si può parlare di prima, seconda , terza etc ondata) o siamo ancora alla prima.

Per il secondo punto bisogna introdurre il concetto di “spill-over”, letteralmente trabocco. In virologia, un spill-over e un evento di salto da una specie (come un animale ad esempio) ad un’altra (come l’uomo), da un organismo che normalmente costituisce l’ospite di un virus ad uno con il quale il virus viene a contatto saltuariamente. Il virus deve quindi superare una serie di barriere (il sistema immunitario) ed infettare cosi il nuovo ospite. Ma bisogna tenere in considerazione che questo evento è raro, e che la sede naturale del virus è il primo ospite (animale) e non il secondo (l’uomo). Quindi, la nostra capacità di eliminare il virus dal secondo ospite costituisce solo un evento momentaneo, perché la riserva dello stesso, sarà sempre nell’ospite originale, che costituirà quindi una riserva (in gergo, natural reservoir). Questo è il caso dell’influenza, il quale, risiede stabilmente negli uccelli acquatici e stagionalmente salta all’uomo. Noi possiamo curare il virus nell’uomo, ma la riserva negli uccelli sarà sempre disponibile fino al prossimo ciclo.

Perché chi è vaccinato deve sottoporsi a quarantena in caso di contatto con un positivo?

I dati che ci sono fino ad ora sono sempre indicativa di un campionamento a posteriori. Si parla di incidenza di efficacia, ma non ci sono ancor dati disponibili sull’efficacia dei vaccini nel contenere l’infezione. Quindi in maniera cautelativa, credo abbia senso mantenere la quarantena. Allo stesso modo si potrebbe contestarla proprio perché’ non ci sono dati a favore. Ma in questo caso meglio essere cauti.

Un vaccinato positivo è più o meno contagioso per gli altri?

In linea teorica questa domanda dovrebbe contraddirsi da sola, Se sono vaccinato dovrei essere immune e quindi non “spargere il virus”. Tuttavia la profilassi della vaccinazione e le informazioni che ne derivano, non si basa su un campionamento di un anno o due, ma su decadi. Ci si vaccina, si fa una campionatura con il tempo, a fasi regolari e si raccolgono informazioni riguardo la carica virale, o quanto virus viene rilasciato. Ora, in caso di pandemia la maggior parte delle filiere sono impegnate nell’arginare l’ondata. Per rispondere alla giusta perplessità, non esiste tale informazione , perché’ questa situazione è del tutto nuova.

La possibilità di contagiare gli altri può dipendere anche dal tipo di vaccino con cui sono stato immunizzato?

Per quanto i vaccini possano sembrare così diversi tra loro, il loro fine ultimo è quello di creare un’immunità acquisita a lungo termine. Questo lo si fa stimolando l’organismo che un particolare parte del virus (antigene) che viene riconosciuta come estranea dal nostro sistema immunitario. I vaccini sviluppati per arginare il Covid19 utilizzano la capacita della spike protein di fungere da antigene. Ora per quanto i modi di “consegnare” al nostro organismo questa proteina siano differenti, l’informazione contenuta in essa (cioè la struttura e la sequenza della proteina virale) saranno le stesse e quindi il nostro sistema immunitario, e quindi la susseguente risposta, saranno probabilmente simili. Al momento attuale non ci sono dati che supportano una minore o maggiore capacità di infettare collegata alla tipologia del vaccino. Se il vaccino funziona, allora ci sarà sicuramente una probabilità maggiore di fermare il propagarsi del virus.

Vivendoci, perché la variante delta ha attecchito in Inghilterra con tale voracità?

Le informazioni riguardo le discendenze dei virus vengono fornite dal sequenziamento. Bisogna tener presente però che il sequenziamento fornisce un’istantanea su quella che è la situazione circolante, e non da un’informazione precisa sullo stormo circolante (swarn). Data la variabilità dei virus, se volessimo identificare le singole varianti, dovremmo dare a ciascun virus isolato il nome del paziente da cui è isolato. Tuttavia anche questo fornirebbe un’informazione limitata, perché più mutanti coesistono all’interno di uno stesso individuo durante il corso dell’infezione. Dal punto di vista epidemiologico, a noi può non interessare la singola mutazione, ma quelle più rappresentative all’interno di una popolazione. Al momento attuale, la variante Delta è la più rappresentativa in GB, ma questo non vuol dire che questo trend sia circoscritto al suole inglese. È molto probabile che si diffonda anche agli altri paesi. Come detto in precedenza, le mutazioni sono casuali, e quindi è probabile che una di esse accaduta in maniera del tutto casuale, abbia trovato un popolazione più suscettibile nel Regno Unito. Ma poteva accadere ovunque.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.