“È aumentato il contenuto dell’agito violento, il numero delle donne che si è rivolto ai centri antiviolenza è stabile ma sono peggiorate moltissimo le tipologie di maltrattamenti”. Commenta così Sigrid Pisanu coordinatrice del gruppo “Ricerca e Rilevazione” gli ultimi dati raccolti dell’associazione D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza. I maltrattamenti hanno tante forme diverse: la violenza è psicologica, fisica ed economica. In percentuale minore quella sessuale e lo stalking.

L’ultima indagine è una fotografia delle donne, dei bambini e le bambine accolte e ospitate presso gli oltre 100 centri della rete che racconta di oltre 20.000 donne accolte nei vari centri con un incremento, nel 2019, di circa 700 contatti. “Circa 14.431 sono donne ‘nuove’, è questo il termine che usiamo per indicare le donne che hanno il primo contatto con i centri. C’è da fare qui una precisazione doverosa, nei primi due mesi di lockdown delle 2.983 donne in totale solo 836 sono ‘donne nuove’. È evidente che le misure di confinamento hanno interrotto quella filo diretto fra donne maltrattate e i centri. Chiedere aiuto, evadere è diventato ancora più complicato”, commenta ancora Pisanu.

Durante il lockdown siamo stati tutti costretti a rivedere le nostre abitudini, le interazioni con gli altri e così anche le associazioni che ogni giorno sono in prima linea per difendere le donne dagli abusi e quindi, continua Sigrid Pisanu, anche “i centri antiviolenza hanno attraverso i social e la stampa tentato di fornire informazioni, attivato linee telefoniche e diffuso i più possibile i numeri antiviolenza e i servizi offerti dai centri ma il confinamento è stato un grosso limite perché spesso le donne vittime di maltrattamenti domestici non sono libere di usare internet, i social o il telefono”.

Sempre secondo le rilevazioni di D.i.RE le caratteristiche delle donne sono consolidate negli anni: nella stragrande maggioranza dei casi sono italiane (solo il 26,5% straniere), quasi la metà (48,5%) ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, una donna su tre è a reddito zero (33,8%) e poco più di una su tre può contare su un reddito sicuro (36%). Ma qual è invece il profilo del maltrattante? È quasi sempre il partner e nel 75% dei casi la violenza viene esercitata da un uomo verso una donna. Molto raramente è un conoscente o un collega o un amico e quasi mai un estraneo. L’autore della violenza esercitata sulle donne che si rivolgono ai centri D.i.Re è prevalentemente italiano, con un’età compresa fra i nella fascia tra 30 e 59 anni. Il 39,7% ha un lavoro stabile e 23,2% non ha precedenti né dipendenze.

Ma c’è una via d’uscita? Forse, ma è necessario “un lavoro di sensibilizzazione 365 giorni all’anno, su tanti fronti diversi. Dobbiamo tutti, donne e uomini, smettere di criminalizzare le vittime e far capire prima di tutto alle donne che chi subisce violenza non ne è colpevole. Oggi è la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne ma non dobbiamo fare ‘chiacchiericcio’ solo oggi e poi non credere alle donne quando chiedono aiuto”. I centri antiviolenza intervengono al momento della richiesta di aiuto ma l’impegno della rete D.i.Re è di lavorare anche nell’ottica della previsione: “Dobbiamo educare i giovani, insegnare loro ad avere relazioni rispettose e ad approcciarsi all’altro sesso in maniera corretta. Un tema per i giovani è sicuramente il catcalling, una vera e propria molestia verbale, un ‘a bella’ gridato per strada, che è erroneamente ammessa nella relazione uomo-donna”.