Le manifestazioni dopo la morte di Mahsa Amini
100 giorni a ferro e fuoco, le proteste in Iran e la repressione del regime: “Nessuna misericordia”
Era il 16 settembre quando Mahsa Amini moriva in carcere dopo essere stata arrestata in quanto non indossava correttamente il velo, lo hijab, obbligatorio per tutte le femmine in Iran. Per le autorità a causa di un malore, per la famiglia per dei maltrattamenti. Da quel giorno il Paese è stato attraversato dalle proteste più partecipate e continuate degli ultimi anni, anche più di quelle andate in scena tra il 2017 e il 2019 contro gli aumenti dei prezzi e le condizioni economiche. Quelle scatenate dalla morte della 22enne originaria del Kurdistan iraniano sono le proteste più partecipate dalla rivoluzione del 1979.
Proteste che hanno fatto il giro del mondo: per le plateali e virali manifestazioni di dissenso – dai veli incendiati ai tagli di ciocche di capelli allo schiaffo al turbante – alla durissima repressione da parte delle autorità. “Non mostreremo misericordia ai nemici”, ha ribadito nel corso di una cerimonia il presidente Ebrahim Raisi secondo BBC Persia definendo “un disturbo” le proteste esplose dopo la morte di Amini. Secondo l’agenzia di stampa per i diritti umani (HRANA) oltre 500 manifestanti sono stati uccisi, tra cui 69 minori, dall’esplosione delle proteste. Due ragazzi sono stati giustiziati e altri 26 sono in attesa di esecuzione.
A scendere in piazza un popolo variegato. Donne, giovani, anche sportivi e celebrità. Frequenti i cori contro Ali Khamenei, la Guida Suprema. La polizia in questi mesi di proteste ha sparato sui manifestanti e ha picchiato gli stessi, come si vede da alcuni video sui social. Migliaia di persone sono state arrestate e incriminate, giornalisti accusati di aver fatto propaganda contro lo stato. I due ragazzi condannati a morte per impiccagione erano stati ritenuti colpevoli di moharebeh, “inimicizia contro Dio”: il primo arrestato con l’accusa di aver bloccato una strada di Teheran e di aver aggredito un poliziotto; il secondo per aver ucciso a coltellate due membri delle forze di sicurezza. I manifestanti nelle ultime settimane hanno anche cominciato a lanciare bombe molotov contro edifici religiosi e contro la polizia.
Le proteste non si sono fermate nonostante alcune promesse piuttosto vaghe da parte delle autorità, sull’abolizione della polizia religiosa e sulla rivisitazione delle regole sul velo obbligatorio. Le tensioni in corso avevano avuto enorme risonanza in occasione dei Mondiali di calcio in Qatar dove la Nazionale iraniana non ha cantato l’inno e dove altri gesti di solidarietà si erano visti sugli spalti. Coinvolte diverse personalità note al grande pubblico, come l’attrice Taraneh Alidoosti, arrestata e incarcerata.
Le autorità iraniane ieri hanno costretto a un atterraggio imprevisto un aereo di linea della compagnia privata Mahan diretto a Dubai. A bordo viaggiavano la moglie e la figlia di Ali Daei, un famoso ex calciatore che negli ultimi mesi aveva sostenuto le proteste contro il regime. Secondo l’agenzia di stampa Irna le due non sarebbero state arrestate e sarebbero “libere di tornare a Teheran”. Stanno facendo intanto il giro dei media le immagini di Sara Khadim al-Sharia che ai campionati del mondo di scacchi in corso in Kazakistan avrebbe gareggiato senza hijab, infrangendo la regola che vuole le donne iraniane velate anche all’estero. La giocatrice è la prima scacchista iraniana, è riuscita a vincere il titolo di maestra internazionale di scacchi all’84mo Congresso mondiale di scacchi all’età di 18 anni. Una vicenda che ricorda quella della scalatrice Elnaz Rekabi, che aveva gareggiato in una competizione internazionale all’estero senza velo: al suo ritorno, secondo IranWire la sua casa era stata rasa al suolo.
A fare il giro del mondo in queste ore la tragedia di Saha Etebari, 12 anni, uccisa a un checkpoint nella provincia di Hormogzan a colpi di arma da fuoco. Secondo attivisti la piccola sarebbe stata uccisa dalle forze di sicurezza lo scorso 25 dicembre, quaranta giorni dopo Kian Pirfalak, 9 anni, ucciso anche lui mentre era in auto con la sua famiglia. La tragedia è stata confermata dal comandante in capo delle forze di polizia iraniane. Il portavoce del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti Ned Price ha intanto chiesto “il rilascio incondizionato di tutte le persone imprigionate in Iran per aver esercitato pacificamente le loro libertà”. Il Regno Unito ha invitato tutti i suoi cittadini a lasciare l’Iran.
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