Proveniente da un campo libico
Torturato e violentato dai compagni di cella al Beccaria, il dramma di un 16enne
Un giovane proveniente da un campo libico, dove le torture sono all’ordine del giorno, era finito al carcere minorile Beccaria per aver palpeggiato una donna in metropolitana. Tra il 7 e l’8 di agosto aveva subito ad opera di tre compagni di cella violenza sessuale di gruppo dopo essere stato sorpreso nel sonno. Legato con i polsi alla finestra del bagno, violentato con diversi oggetti, una sigaretta spenta in faccia e sul braccio, preso a calci e pure, come se non bastasse il “trattamento”, acqua bollente addosso. L’atroce vicenda è stata raccontata dal Corriere Della Sera nel numero in edicola ieri.
Tra gli autori dell’aggressione un giovane considerato un appartenente come gregario alla banda dei trapper Simba e Baby Gang. Una storia terribile in un istituto con carenze di organico dove chi ci lavora fa il possibile per contemperare esigenze di custodia e recupero dei giovani detenuti, ma dove non si arriva a poter controllare tutto quello che succede. Al Beccaria tra l’altro i direttori si succedono con frequenza e restano poco tempo come facenti funzione e sono presenti in loco al massimo tre giorni a settimana. Adesso c’è stata una designazione formale per un dirigente che prenderà servizio all’inizio dell’anno prossimo.
Il terzetto aveva approfittato del cambio di agenti tra un turno e l’altro per agire praticamente indisturbato. Al trapper nel frattempo diventato maggiorenne il nuovo provvedimento restrittivo è stato notificato in un carcere del settentrione. Le accuse parlano di violenza sessuale di gruppo ma anche di tortura per la prima volta usata per le violenze tra detenuti. Finora erano state contestate con tale qualificazione giuridica solo le aggressioni di agenti sugli ospiti reclusi.
Le carte dell’inchiesta riferiscono di “trattamento inumano e degradante la dignità umana” che l’allora sedicenne aveva subito dal trapper ritenuto a capo del gruppo e che sta scontando una condanna a 16 mesi di reclusione per rapina, tentata estorsione e minaccia nel 2008 a Varese. La procura della Repubblica nel momento in cui riceveva la notizia di reato, da un lato evitava la demonizzazione degli aggressori ma dall’altro lato andava oltre la solita considerazione che certi fatti nelle prigioni accadono.
Alla vittima di questo caso terrificante e atroce è stato possibile trovare posto in una comunità e permettere così di lasciare il Beccaria. Con ogni probabilità si tratta di quello che ci sarebbe stato bisogno di fare prima per il ragazzo della Costa d’Avorio al quale era già toccato di passare per arrivare nel nostro paese dai campi libici. Questa storia dimostra ulteriormente che la galera soprattutto per i minorenni è sempre una brutta bestia.
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