Il caso a Vibo Valentia
41bis: l’inferno in Terra dove lo Stato nega diritti e rieducazione
Nel carcere di Vibo Valentia con il Partito Radicale, in visita ai detenuti nel regime di 41 bis – la sorveglianza particolare derivante da comportamenti che compromettono la sicurezza – il cuore agghiacciava ai rumori di ferraglia del chiavistello che si apriva e chiudeva al passaggio. Guardandoli e ascoltando le loro storie e le necessità, così diverse dalle nostre, mi è sorto che non sempre siamo padroni del nostro tempo, che talvolta è dato ad altri di tracciarci la via, che a deviarci può bastare un soffio di nulla: sfiorarsi di vite, ombre che si incontrano e fanno più scura la notte, passi svogliati che non si è guidati e che non conducono da nessuna parte, un momento in agguato, un giorno incattivito dalle ali di un destino annoiato che si trastulla con gli uomini, ne devia la rotta. E ho preso coscienza della fortuna di essere nato nel posto giusto, nella famiglia giusta, di non aver trovato per strada gli inciampi e le insidie che a tanti hanno mutato l’esistenza da così a così.
Il regime del 41bis mi è apparso terribile. Ma c’è di peggio e mi si è evidenziato con chiarezza dall’interpellanza parlamentare dell’on. Roberto Giachetti riguardante il rifiuto dell’autorità carceraria di Viterbo di fornire a un detenuto del 41 bis i due libri richiesti. Una limitazione incomprensibile e che sa di una civiltà che arranca, che regredisce l’homo sapiens in direzione delle scimmie. D’istinto, verrebbe da pensare che la negazione di un volume non sia poi granché, non sia il più crudo tra gli aspetti penalizzanti. Ma certamente essa è emblematica e significativa, è un punto di snodo per comprendere come si continui a disattendere la funzione educativa del carcere e, nel frangente, è lo spunto per affrontare la questione del 41 bis. Il 41 bis, che certamente castiga personaggi con colpe magari mostruose, finisce con l’apparire, più che una modalità di restrizione, l’anticipazione in terra dell’inferno, non tenendosi in conto un’umanità dolente che ha diritti da non dover disattendere, e invece spesso disattesi quasi che lo Stato abbia licenza di inadempienze a scomputo delle inadempienze, intesi crimini, dei ristretti.
A una nazione civile compete creare occasioni di ravvedimento e di recupero, nell’ottica di restituire alla comunità uomini nuovi e consapevoli, non esacerbati dalla condizione di cattività nella quale vengono tenuti. I due libri erano Per il tuo bene ti mozzerò la testa di Luigi Manconi e Federica Graziani e Un’altra storia inizia qui di Marta Cartabia e Adolfo Ceretti. Sul primo, non inganni il titolo, nessuna istigazione al delitto, sono riflessioni sul giustizialismo dilagante, sull’inasprimento delle pene e delle sanzioni e sulla necessità di innalzare il livello della civiltà giuridica, attraverso il ripristino dello Stato di diritto e della Costituzione. Ebbene, negato! Perché “la sottoposizione al regime del 41 bis comporta la sospensione alle regole di trattamento degli istituti… La direzione della casa circondariale ha evidenziato la non opportunità dell’autorizzazione all’acquisto del libro indicato…”
Nel secondo, gli autori, partendo dal magistero del cardinale Martini, che usava visite frequenti nelle carceri, e dal suo pensiero che la pena debba essere ricostruzione oltre che espiazione, si confrontano sul compito della giustizia di ricucire i rapporti con la società e non reciderli. Anch’esso, negato! Perché “il possesso del libro metterebbe il detenuto in posizione di privilegio agli occhi degli altri detenuti, aumenterebbe il carisma criminale”. Mah! Chi lo capisce è bravo e dovrebbe spiegarcelo. Sono motivazioni sconcertanti sia in termini giuridici, cozzando con la sentenza 122 del 2017 della Corte Costituzionale, che non limita il diritto dei detenuti del 41 bis di ricevere e tenere con sé le pubblicazioni di loro scelta, sia in termini costituzionali – art. 27, “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato” e un buon libro in questo soccorre – sia in termini di semplice buonsenso, evidenziandosi la grettezza mentale di non comprendere che la lettura, oltre ad avere forte valenza educativa, allarga gli orizzonti, apre la mente, forgia pensieri nuovi, crea stimoli di riflessione, ricostruisce, ed è una forma d’evasione (legale). Per intenderci, in Brasile, il Reembalzo prevedeva che ai detenuti per reati non di particolare gravità toccasse uno sconto di pena di 4 giorni in un mese, fino a un massimo di 48 giorni, per ogni libro letto. Chiudo con Daniel Pennac e Franz Kafka. Pennac: “Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”. Kafka: “un libro dev’essere un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi”.
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