La storia dal carcere di Parma
Sbattuto al carcere duro per fare compagnia al boss, l’appello di un detenuto in isolamento senza motivo
Ricevo (con i relativi timbri della prevista censura) la lettera di un detenuto dell’area riservata del 41-bis di Parma. A.T. ha 56 anni e da tre anni si trova in questo regime di carcere duro all’ennesima potenza non perché sia un “capo dei capi”, ma perché l’Amministrazione penitenziaria ha l’esigenza di offrire una “compagnia” a un altro detenuto ritenuto ai vertici dell’organizzazione mafiosa. Senza questa “compagnia” per l’ora d’aria, la detenzione del “boss” sarebbe infatti totalmente illegittima. Precisato che nemmeno al “boss” possono essere negati i diritti umani fondamentali, mi chiedo: ma A.T. che c’entra? Tanto più che il 21 aprile scorso è stato assolto dal reato (416-bis) che lo ha portato al 41-bis e che sta aspettando da allora la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma circa la revoca del regime detentivo speciale.
Gentile A.T., mi chiedi di venirti a trovare, ma io non posso perché il DAP non me lo consente. Quel che posso fare, e lo farò, è portare alla conoscenza di mute e sorde istituzioni quelli che sono i tuoi diritti incomprimibili.
Gentilissima Rita Bernardini,
sono sottoposto al regime differenziato dell’art. 41 bis dell’Ordinamento penitenziario dal 27 gennaio del 2018 presso il carcere di Parma. Dopo alcuni mesi, passati insieme ai detenuti del 41-bis, sono stato trasferito nella cosiddetta “area riservata”, contro la mia volontà e senza alcuna giustificazione. Non mi è stata fornita alcuna spiegazione della ragione per cui sono stato costretto con la forza a soffrire un regime detentivo ancora più duro di quello che mi è imposto nel generico decreto di applicazione del 41-bis. La legge prevede che io possa fare due ore d’aria in gruppi di socialità formati fino a un massimo di 4 persone.
Questi signori si permettono di non rispettare la legge, visto che mi tengono in area riservata dove sono in isolamento senza che nessuna autorità lo abbia deciso: mi hanno portato in questo reparto per fare compagnia a un solo detenuto senza chiedermi prima se io volessi fargli compagnia. Un inganno che subisco da 3 anni e 7 mesi. Sono stato costretto a fare lo sciopero della fame per 20 giorni solo per chiedere il rispetto dei miei diritti. Ho perso 10 kg di peso e da allora non mi sono più ripreso. Mentre facevo lo sciopero, nessuno della direzione del carcere mi ha chiamato. Mentre rischiavo di morire un ispettore ha avuto il coraggio di dire che la direzione non si sarebbe fatta intimidire… Ma come? Io metto a rischio la mia vita e loro si sentono intimiditi? Sono loro che hanno intimidito me!
Un mese fa ho parlato con un altro ispettore per dirgli che non voglio stare in questo reparto perché sono sempre da solo, che l’amministrazione doveva rispettare quello che è scritto nel decreto del 41 bis, che stavano esagerando e che dopo aver sopportato così a lungo avrei fatto un casino. L’ispettore mi ha risposto che avrei potuto essere spostato in un reparto peggiore e di avere pazienza perché stanno cercando di risolvere il problema. Una presa in giro, se penso che il direttore che mi aveva risposto nello stesso modo. Ho parlato anche con il Garante nazionale dei detenuti che è venuto a trovarmi e sa tutto di quello che sto patendo. Anche lui mi ha risposto “stiamo vedendo di trovare una soluzione” … Ma che soluzione si sta cercando di trovare? Devono solo applicare la legge che stanno violando!
Ho scritto diverse volte all’ex Ministro Bonafede e anche alla Ministra Cartabia senza ricevere risposta. Non so quante lettere ho mandato al magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia, diverse con richiesta di colloquio: nessuna risposta. Stesso silenzio è stato riservato alle denunce che ho presentato in Procura per sequestro di persona, violenza, tortura e abuso di potere…
Il 27 aprile del 2021 sono stato assolto dal 416 bis dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, proprio quel 416 bis per il quale mi hanno applicato il 41 bis, ma come lei sa i tempi della giustizia sono lunghi e sto aspettando la camera di consiglio al Tribunale di Sorveglianza di Roma per discutere la revoca. La mia posizione giuridica e i miei profili soggettivi non legittimano l’attuale allocazione detentiva e anche a volere ipotizzare che ciò sia stato determinato dall’opportunità di garantire una compagnia o una assistenza a un detenuto speciale, di fatto da oltre tre anni nessuno fa compagnia a me stesso. Solo in poche occasioni e per periodi di tempo brevi ho potuto condividere le ore d’aria e socialità con un solo ristretto in area riservata; da oltre tre anni e sette mesi sono costretto a soffrire illegittimamente la carcerazione in stato di totale isolamento.
A ciò si aggiunga la mancanza di igiene della cella infestata da scarafaggi e altri insetti. A circa 1 metro dalla finestra c’è un grande contenitore così che la mia vista non può spaziare. Tale inumana condizione di detenzione ha determinato l’insorgere di una grave forma depressiva; da mesi non sono in grado di alimentarmi e presento un allarmante calo ponderale che ha come conseguenza un inarrestabile deperimento fisico e psichico incompatibile con l’umanità della pena e il divieto di trattamenti inumani e degradanti dettati dalla Costituzione e dall’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani.
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