La conquista talebana e il panico dei civili
A Kabul i talebani stanno rapendo giovani donne per sposarle a forza
Tre corpi lanciati nel vuoto, dopo un estremo tentativo di restare aggrappati alle ruote di un aereo militare americano in partenza dall’aeroporto internazionale di Kabul. Una scena di disperazione e orrore che ricorda purtroppo i “falling man” dell’11 settembre 2001, proprio 20 anni dopo l’attentato delle Torri Gemelle. L’immagine simbolo della giornata di ieri – e forse di questa guerra lampo, di fatto nemmeno combattuta – è sicuramente questa.
Nella giornata di ieri centinaia di persone si sono riversate nell’aeroporto della capitale afghana cercando di salire su uno degli aerei in partenza dal Paese. I video, pubblicati sui social, raccontano la moltitudine di uomini che insegue sulla pista di partenza un C-17 dell’Us Air Force. Poi, tre o quattro persone che si arrampicano sul carrello. Subito dopo il decollo, si vedono i corpi di due o tre uomini che precipitano e muoiono nel caseggiato di Khair Kahana, un quartiere poco distante dall’aeroporto. Ieri è stata la giornata del fuggi fuggi generale, con centinaia di macchine in fila per raggiungere l’aeroporto e le piste di partenza e atterraggio occupate da una folla disperata che cerca di scappare dopo la conquista di Kabul da parte dei Talebani. Almeno cinque persone sono state uccise nel caos provocato dai fuggitivi che cercavano di farsi strada a forza sugli aerei.
Come confermava ieri su Twitter il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, gli studenti coranici hanno ormai il “pieno controllo” della capitale afghana. Lo stesso portavoce ha aggiunto che i talebani hanno arrestato la maggior parte delle persone coinvolte nelle violenze nella capitale dopo la presa della città e che «a nessuno è permesso andare nelle case degli ex funzionari, impossessarsi dei loro veicoli o minacciarli: a costoro verrà impedito di farlo e saranno perseguite seriamente». Rassicurazioni insufficienti, a giudicare dalla folla in fuga all’aeroporto per il timore di vendette ed esecuzioni di massa. Gli Stati Uniti hanno dovuto sospendere in via temporanea tutti i voli di evacuazione da Kabul per riportare ordine nello scalo. Nel frattempo il generale Frank McKenzie, comandante del Comando centrale degli Stati Uniti, ha incontrato di persona i rappresentanti dei talebani, per ottenere la non interferenza dei combattenti islamici nel ponte aereo. I voli commerciali sono stati cancellati e per i militari è sempre più difficile controllare la folla di persone che sciama sulla pista.
Le operazioni di evacuazione – 6 mila soldati Usa chiamati per portare al sicuro circa 30mila persone tra diplomatici americani e civili afghani loro collaboratori – si svolgono in un clima di panico e confusione. Nonostante le difficoltà generate dal caos di queste ore, tutti i paesi europei hanno avviato le operazioni di salvataggio dei propri cittadini e dei collaboratori locali. Tra questi c’è anche l’Italia che ha già imbarcato una settantina di persone – 50 unità del personale diplomatico e una ventina di ex collaboratori afghani – sul KC767 dell’Aeronautica militare partito domenica sera da Kabul. Ieri l’atterraggio all’aeroporto di Fiumicino intorno alle 14.30. Per tutti i passeggeri sono scattate le procedure formali, a partire dal tampone molecolare a opera di personale della Croce Rossa. Con l’evacuazione del personale diplomatico e dei connazionali, proseguirà il lavoro di coordinamento del team militare del Covi, il Comando operativo di vertice interforze. L’operazione Aquila Omnia, per l’evacuazione dei collaboratori afghani del Ministero della Difesa e del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, dovrebbe svolgersi nel più breve tempo possibile, attraverso un ponte aereo assicurato da aerei KC767 dell’Aeronautica Militare.
Ma l’impatto più tragico della vittoria talebana è certamente quello della crisi umanitaria. L’Afghanistan deve fare i conti con centinaia di migliaia di sfollati, la gran parte dei quali sono donne e bambini. In particolare, temono le donne: i diritti civili lentamente conquistati e perfino la loro incolumità sono in pericolo. «Profondamente preoccupata per le donne, le minoranze e i sostenitori dei diritti umani» si è dichiarata, per esempio, Malala Yousafzai, l’attivista e blogger pachistana vincitrice del premio Nobel per la pace, gravemente ferita alla testa anni fa in un agguato dei Talebani. La 24enne attivista ha chiesto ieri l’impegno dei leader internazionali: «I poteri globali, regionali e locali devono chiedere un immediato cessate il fuoco, assicurare aiuti umanitari urgenti e proteggere rifugiati e civili». A chiedere un intervento “rapido e unitario” per proteggere le donne afghane è pure Isa Maggi, presidente nazionale di Stati Generali delle donne.
«I messaggi che ci arrivano da Kabul dicono che le giovani sono a rischio: stanno setacciando la città alla caccia di donne non sposate per darle in sposa ai talebani, ragazzi per i quali la cultura nei confronti delle donne non è cambiata», dichiara. Maggi lancia un appello all’Onu: «I caschi blu potrebbero diventare caschi rosa. Serve un’azione fisica di protezione per le donne afgane che sono a rischio. L’Europa è assente e non va bene». E già: che fine ha fatto l’Europa? Proprio ieri gli eurodeputati del Pd hanno chiesto “un’azione decisa e coraggiosa” in una lettera a Ursula von der Leyen, Josep Borrell e Charles Michel. «Serve una risposta comune europea – si legge nella lettera – convocando immediatamente un Consiglio europeo straordinario e un Consiglio dei ministri degli esteri Ue, per creare canali di accesso e corridoi umanitari, con una particolare priorità per le donne, i minori e le famiglie».
«Ci aspettiamo da voi – proseguono gli eurodeputati Pd – una reazione adeguata, sapendo che potete contare su molte disponibilità di organizzazioni, di Ong e di comunità locali in Europa pronti all’accoglienza». A sua volta, Mario Draghi ha assicurato ieri che «l’Italia è al lavoro con i partner europei per una soluzione della crisi, che tuteli i diritti umani, e in particolare quelli delle donne». E chissà se la protezione umanitaria di donne e bambini afghani potrà essere finalmente, dopo il ritiro degli Stati Uniti, l’occasione per l’Europa di contare qualcosa sullo scacchiere globale.
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