L’abuso d’ufficio non è riformabile. Può solo essere abrogato. A meno di non voler mantenere intatte le criticità che da anni vengono evidenziate. Il punto non sono le condanne, praticamente inesistenti, ma le migliaia di indagini – con perquisizioni, sequestri, avvisi di garanzia e titoli sui giornali – che finiscono in altrettante archiviazioni, proscioglimenti o assoluzioni. E nessuna modifica al mondo risolverà questo problema. Non sono le condanne, ma il fango e le ferite che finiscono inferte per anni agli amministratori che ne vengono chiamati a rispondere.

Già nel 1990 si era intervenuti per rendere più tassativa la fattispecie, poi ancora nel 1997 e nel 2020. Risultato? Le inchieste continuano a fioccare e durano un bel po’ perché, spiegano nelle Procure, bisogna capire bene se i fatti rientrano o no; poi, se restano i dubbi, si rimette il tutto ad un dibattimento che dura anni. Nel frattempo ci sono state dimissioni, sospensioni, campagne elettorali fondate sugli atti giudiziari. Questo favorisce la strumentalizzazione politica, che porta ad utilizzare le inchieste contro l’avversario di turno.

Anche tanti sedicenti garantisti, quando siedono in Consiglio comunale – e si trovano all’opposizione – usano l’esposto in Procura anziché l’interrogazione. È più comodo perché non si fa fatica. Quattro righe in Procura e la macchina si avvia. Iscrizione nel registro degli indagati e già l’immagine si appanna. Magari un avviso di garanzia e via la richiesta di dimissioni.

Se poi capita che arrivi una condanna in primo grado (quelle definitive sono rarissime) scatta la sospensione dalla carica. In tanti si sono quindi dimessi, salvo poi essere assolti in Appello o Cassazione. Ma quasi tutti sono già assolti in primo grado o prosciolti in udienza preliminare o archiviati. Peccato che molti di essi siano ormai ex sindaci, perché per il fango si sono dimessi o non si sono ripresentati, o hanno perso le elezioni sulla spinta dell’indagine. Le indagini per abuso d’ufficio non riguardano un tema specifico, ma ogni sfumatura dell’attività amministrativa. Dalle nomine, alle assunzioni, all’organizzazione di eventi ai contributi alle associazioni, dalle convocazioni alle scelte urbanistiche. Se un amministratore vuole risolvere i problemi deve decidere, se decide firma e produce atti.

Ognuno di questi atti, se letto con malizia, può essere fonte di un esposto, quindi di una indagine. Vuoi che la procura non acquisisca gli atti? La Gdf o i Carabinieri in Comune! La notizia è già una mezza sentenza. Chi non vuole rischiare resta fermo. Non firma, non decide, non risolve i problemi. Un’amministrazione difensiva, che non produce atti né rischi. Pareri legali a raffica per coprirsi, richieste di chiarimenti, tempi che si allungano opere che non si realizzano, problemi che non si risolvono.

Questi sono gli effetti dell’abuso d’ufficio. Un reato vago e generico, che anche circoscritto o rimodulato presenterebbe gli stessi identici rischi. Perché tutte le inchieste puntano su profili che, al limite, dovrebbero essere sindacati dalla giustizia amministrativa, non certo da quella penale, che esercita un’intromissione in un campo che non è il suo. Auspico che il Ministro Nordio abbia la forza di imporsi su quelle forze della maggioranza che fanno resistenza: Lega in primis. Se, come ha detto ieri Salvini, si andasse verso una ennesima revisione, tra qualche anno saremo ancora a lamentarci come oggi.