Delle conclusioni della commissione Lari si è detto e scritto. C’è un dettaglio, però, su cui vale tornare. Riguarda l’affettività in carcere. Il tema non è nuovo ma le conclusioni della commissione Lari consentono di approcciare ad esso con una consapevolezza nuova, una in più rispetto al passato. È la consapevolezza che arriva dal capire cosa animò le tensioni di marzo 2020 sfociate nella terribile mattanza avvenuta il 6 aprile di quell’anno nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (un centinaio di detenuti picchiati per mano o per ordine di un centinaio di agenti e funzionari dell’amministrazione penitenziaria adesso sotto processo).

Non fu una regìa criminale, nulla a che vedere con l’ndrangheta. La commissione ispettiva del Dap, presieduta dall’ex procuratore Sergio Lari, ha accertato che l’origine di quelle tensioni era da ricercare piuttosto nell’insoddisfazione della popolazione detenuta per la poco dignitosa qualità della vita penitenziaria e, soprattutto, nella sospensione dei colloqui in presenza con i familiari. «Già in quei giorni di marzo avevamo capito che quelle chiusure sarebbero state un aggravio enorme per chi, già normalmente, ha rapporti rarefatti con i propri affetti – commenta l’associazione Antigone -. Tanti erano i detenuti e i familiari che si rivolgevano a noi in un misto di paura, preoccupazione, ansia, dovuto a quanto stava accadendo con il diffondersi del Covid-19, di cui sapevamo tutti molto poco e per il quale tutti avevamo negli occhi le immagini terribili di ospedali al collasso e delle ambulanze che sfrecciavano nelle città deserte».

«Per questo – spiega Antigone che da molti anni è impegnata per i diritti e le garanzie del sistema penale -, da subito, avevamo chiesto al Dap di dotare i detenuti di telefoni e tablet, consentendo di videochiamare i familiari, ben oltre i dieci minuti alla settimana previsti dal regolamento penitenziario. Quella nostra richiesta fu accolta e in pochi giorni oltre mille telefoni e tablet arrivarono nelle carceri, superando anni di ostruzionismo su questo tema». Oggi si torna a ribadire quella richiesta, con la consapevolezza che arriva dalle conclusioni della commissione ispettiva del Dap e con i numeri alla mano dei suicidi che continuano a verificarsi all’interno degli istituti di pena. L’altro giorno il 54esimo. «L’esito della relazione della commissione del Dap dovrebbe farci capire quanto l’affettività, il poter sentire e vedere i propri familiari, sia importante per chi è detenuto. Anche, appunto, nel prevenire qualsiasi intenzione suicidaria».

Si liberalizzi il numero di telefonate a disposizione dei detenuti quindi. E lo si faccia presto. Una richiesta che in Campania ha più volte ripetuto il garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello, che tra l’altro è stato proprio tra le persone sentite dalla commissione del Dap. «Sono stato sentito nel corso delle indagini e delle ispezioni e sul carcere di Fuorni ho, sin da subito, chiarito che dietro alla rivolta non c’era la regia della ‘ndrangheta», racconta Ciambriello. «Almeno per la tipologia di detenuti coinvolti, soprattutto tossicodipendenti, non poteva essere stato tutto architettato dalla ‘ndrangheta. E sono contento che la commissione sia arrivata alle stesse conclusioni. Mi è dispiaciuto invece – conclude il garante – sentire in tante trasmissioni, prime tra tutte ‘Non è l’Arena’, certi commentatori, spesso anche magistrati impegnati da anni sul fronte antimafia, sostenere convintamente che dietro le rivolte in carcere, in tutta Italia, ci fosse la mano della mafia calabrese. Il documento finale redatto dalla commissione restituisce verità, sull’accaduto di Fuorni, ma anche su tutte le altre ribellioni nelle carceri del Paese. Adesso, bisogna attendere l’esito delle indagini per chiarire i contorni della morte di undici detenuti, proprio durante le rivolte del 2020».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).