Le torture nel penitenziario
Mattanza nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, 105 a processo tra poliziotti e funzionari: restano sconosciuti cento agenti
Saranno 105 gli imputati del maxi processo per la mattanza nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Questo il numero di agenti, funzionari dell’amministrazione penitenziaria e medici che andranno a giudizio all’inizio di novembre dinanzi alla Corte d’Assise del tribunale sammaritano presieduta dal giudice Roberto Donatiello.
A disporlo oggi il gup Pasquale D’Angelo del tribunale sammaritano al termine di una udienza preliminare fiume celebrata all’aula bunker, ironia della sorte, proprio all’interno della Casa Circondariale “Francesco Uccella” di Santa Maria Capua Vetere.
Processo che vede costituite oltre cento parti civili, soprattutto i reclusi vittime dei pestaggi avvenuti il 6 aprile 2020 nel carcere in provincia di Caserta, ma anche alcune associazioni come Antigone, Carcere possibile, Agadonlus, Abusi in divisa, oltre ad enti come l’Asl di Caserta e il Ministero della Giustizia.
I nomi più importanti tra i 105 a processo sono quelli dell’ex provveditore regionale del Dap Antonio Fullone e degli ufficiali della penitenziaria Pasquale Colucci, Gaetano Manganelli, Tiziana Perillo e Nunzia Di Donato. Con loro decine di agenti che picchiarono selvaggiamente i detenuti, ma anche due medici del carcere sammaritano.
Ma ad oggi restano sconosciuti circa un centinaio di agenti che parteciparono alle violenze, una ‘vendetta’ della penitenziaria contro le rivolte scoppiate il 5 aprile dopo l’emergere di casi di positività al Covid-19 di alcuni detenuti del reparto Nilo: si tratta in particolare di poliziotti arrivati dal carcere di Secondigliano per ‘sedare’ le proteste, muniti di casco e mascherina e per questo non riconoscibili. Quella che doveva essere una “perquisizione straordinaria” si tradurrà in una mattanza: i detenuti vennero fatti inginocchiare e picchiati con manganellate, fatti sfilare tra due ali di agenti e percossi. Le telecamere inquadrarono anche il brutale pestaggio di un detenuto in carrozzina, di recente deceduto dopo la scarcerazione.
Agli imputanti vengono contestati, a vario titolo, i reati di tortura (introdotta pochi anni fa e contestata per la prima volta a così tanti funzionari pubblici), maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, abuso di autorità contro detenuti, perquisizioni personali arbitrarie, falso in atto pubblico, calunnia, frode processuale, depistaggio, favoreggiamento personale. Nel lungo elenco c’è anche quello di omicidio colposo in relazione alla morte del detenuto algerino Lakimi Hamine, deceduto in carcere il 4 maggio 2020, addebitato a 12 imputati.
Il giudice per le indagini preliminari di Santa Maria Capua Vetere ha fissato invece per il 25 ottobre prossimo l’udienza in cui si terrà il processo con rito abbreviato (davanti allo stesso gup) per due imputati che ne hanno richiesta, tra cui il commissario capo della polizia penitenziaria Anna Rita Costanzo, ritenuta tra gli organizzatori delle violenze. Unico prosciolto è stato Luigi Macari per il quale lo stesso procuratore aggiunto Alessandro Milita – titolare dell’inchiesta con i pm Pinto e Pannone – aveva invocato il non luogo a procedere avendo l’indagato dimostrato di non essere in carcere durante la mattanza.
Importanti anche le ripercussioni politiche di quanto accaduto a Santa Maria Capua Vetere. Se da una parte il leader della Lega Matteo Salvini non esitò a sfilare davanti al carcere per dimostrare la sua vicinanza alla polizia penitenziaria, il ministro della Giustizia Marta Cartabia e il premier Mario Draghi visitarono la Casa Circondariale per chiedere scusa.
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