Anche l’economia mondiale sta subendo l’attacco del coronavirus e le conseguenze, in assenza di risposte adeguate, potrebbero essere drammatiche, specie in un Paese come il nostro. Migliaia di aziende, esercizi commerciali, artigiani, lavoratori autonomi, rischiano di non poter partecipare al dibattito – ancora asfittico, per la verità – sulla fase 2. Per il semplice motivo che, senza ossigeno immediato le aziende – esattamente come le persone colpite dalle forme più acute del virus – non arriveranno all’appuntamento con la riapertura. E l’ossigeno, per l’economia, si chiama liquidità. Il Governo, come troppe volte è accaduto nella storia italiana, di fronte alle sue manifeste difficoltà e contraddizioni, ha deciso di formare una commissione di esperti.

E verrebbe da chiedersi – a prescindere dal valore delle personalità coinvolte – a cosa servano sessantaquattro fra ministri e sottosegretari se da un lato fa tutto Conte, dall’altro ciò che Conte non fa, lo affida al comitato tecnico scientifico e a quello appena varato per la ripartenza. Mentre a Roma si discute però l’economia lentamente muore. L’ossigeno non arriva: alle complicazioni già previste dalle centinaia di pagine di norme già emanate, ad un decreto aprile che fatalmente diventerà “decreto maggio”, ad un’Unione Europea che tornerà a riunirsi con comodo fra una dozzina di giorni, si aggiungerà adesso la rincorsa ad inseguire gli allarmi di chi ritiene che le maglie del decreto liquidità siano troppo larghe per tenere alla larga gli interessi illeciti delle mafie. Che è un po’ come dire non eroghiamo le pensioni di invalidità perché potrebbero esserci dei falsi invalidi.

Il quadro sarebbe già sufficientemente complicato ma le disgrazie, si sa, non vengono mai da sole. Ci ha pensato allora il Partito democratico a rilanciare una proposta decisamente poco originale per la storia della sinistra nostrana: il cosiddetto contributo di solidarietà per i redditi (lordi) superiori agli 80mila euro. Per stroncare la covid-tax basterebbe un dato: lo stipendio medio lordo di un medico anestesista si aggira intorno ai 77mila euro annui.

Ma si tratta di una media, che ovviamente non tiene conto degli straordinari, dell’anzianità di servizio e dell’incredibile impegno (ferie saltate, riposi annullati, turni raddoppiati, ecc…) di questo periodo: in pratica quando i medici usciranno da questa emergenza troveranno ad attenderli gli applausi (meritatissimi) della popolazione dai balconi e gli ispettori del fisco a fare loro i conti in tasca. Uno scenario grottesco, come è di tutta evidenza. L’ossessione “sinistra” per le tasse merita però qualche considerazione supplementare.

L’Italia non ha bisogno della covid-tax, tanto meno in un momento come questo e non solo perché il Paese dovrebbe ridurle le imposte, anziché aumentarle. All’esigenza già citata di liquidità c’è infatti da aggiungere l’urgenza di far ripartire i consumi interni, visto che l’asimmetria con cui è stata colpita l’Italia rispetto agli altri Paesi, rallenterà inevitabilmente le esportazioni. Se il mercato dell’auto si è fermato, se l’industria del turismo subirà un duraturo shock, se l’abbigliamento, l’arredamento, la ristorazione e tutto ciò che non rappresenta “genere di prima necessità”, non potranno attingere risorse anche dalla ripresa dei consumi interni, non ne usciremo. E per farli ripartire serve per l’appunto che la classe media torni a spendere. Servono dunque incentivi ai consumi, misure per smuovere il grande risparmio privato degli italiani per far ripartire l’economia. Non una tassa ulteriore che sembra studiata da Tafazzi.