Ancora una volta è la magistratura a dettare i tempi alla politica, benché quest’ultima si sforzi di riprendere un cammino autonomo e indipendente, perché se è vero che la Costituzione sancisce l’indipendenza della magistratura, è altresì vero che la carta fondamentale – come ribadito dagli stessi padri costituenti – afferma e tutela i poteri rappresentativi che sono diretta emanazione della volontà democratica. E questo non è un semplice dettaglio.

Un clima incandescente

Cosi l’attesa informativa dei Ministri Nordio e Piantedosi ha avuto luogo alla Camera in un clima che giudicare incandescente appare assai limitativo, slittata anch’essa la settimana scorsa per l’indagine avviata dalla Procura di Roma che ha trasmesso gli atti al Tribunale dei Ministri per i reati di favoreggiamento e peculato. Il famoso “atto dovuto” che tale – come abbiamo avuto modo di raccontare – non era, e soprattutto non nelle modalità cui abbiamo assistito. A tutti, eccezion fatta per chi ha fatto finta di non vedere, è parso come l’ennesimo tentativo di portare il dibattito politico su un terreno “giudiziario”, sfruttando una vicenda che ha molte tinte opache, e non certo per l’iter burocratico nostrano, ma per le modalità con la quale si è mossa la Corte Penale Internazionale, che come ribadito tanto dal Nordio quanto da Piantedosi ha mostrato non poche incongruenze nel proprio operato.

La ricostruzione

Di più la stessa Corte di Giustizia ha palesato una certa forzatura degli elementi probatori per emettere il “mandato di cattura”, tra l’altro solo quando Almasri si trovava in Italia, quando dal 6 al 19 gennaio si è mosso indisturbato tra Unione Europea e Gran Bretagna, venendo persino fermato da un posto di controllo della Polizia tedesca tra Bonn e Monaco. Elementi questi che andranno chiariti in altra sede e che rappresentano però un importante elemento di riflessione nell’interpretare e ricostruire i fatti al di là di ogni interpretazione faziosa e strumentalizzata per ragioni politiche. Il Ministro Nordio ha involontariamente rivestito i panni del Pubblico Ministero, dando anche una lezione a tanti suoi ex colleghi che a suo dire hanno “sindacato l’operato del ministro della giustizia senza leggere le carte”, e smontando la debole impalcatura accusatoria della stessa Corte penale internazionale. Sempre Nordio si è diretto a quella parte di magistrati che più che amministrare la giustizia invadono il campo della politica, avvisandoli che sono riusciti a “compattare la maggioranza di governo come non mai” e che “si andrà avanti spediti verso la riforma”. Questa volta il guardasigilli è andato spedito nell’additare direttamente quello che appare a tutti come l’ennesimo tentativo di utilizzare lo strumento di indagine per fini politici. Sottolineando però che ben prima delle azioni e delle decisioni del governo tra cui l’espulsione di Almasri si sono verificate delle anomalie, evidenziate anche dall’informativa del Ministro Piantedosi, nelle azioni della Procura presso la Corte dell’Aja prima e della Corte stessa poi. Tutti elementi che non possono e non devono passare inosservati.

Il teatrino polemico

Sulla vicenda di Almasri si è costruito un teatrino polemico sfruttato dalle opposizioni che la maggioranza rispedisce al mittente difendendo l’operato del governo e le scelte dei ministri competenti. Colpisce nelle dichiarazioni televisive di Giuseppe Conte come nel caso Almasri valga a suo dire quella “responsabilità collegiale dell’esecutivo” rigettata quasi fosse blasfemia istituzionale ai tempi del Processo Salvini, evidenziato una certa disparità interpretativa sul ruolo del Premier. Perché è palese anche ad un profano del diritto che non vi è alcuna responsabilità imputabile al Presidente del Consiglio nell’intero iter di gestione della vicenda.

La giustizia per fini politici

Ancora una volta è stata utilizzata la giustizia per fini puramente politici ed ancora una volta si è dimostrato valido il teorema criziano contenuto all’interno di quel freddo, lucido e spietato libretto in cui si enuncia che non essendo Atene un’isola – fortunatamente sostiene l’autore – è possibile aprire le porte al nemico. Se in Crizia, leader delle eterie oligarchiche, vi era un acuto calcolo politico, nella vicenda presente emerge un semplice opportunismo politico.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.