“Nei primi 12 giorni dopo il terremoto, le vostre donazioni ci hanno aiutato a distribuire 19.494 pasti alle famiglie vulnerabili di sopravvissuti”: è, in cifre, l’attività – instancabile – di “Amal for Education”, associazione fondata dalla docente di Linguistica alla Sapienza, Isabella Chiari, nel 2014.

Amal che in arabo significa “speranza”, conta tre sedi in Turchia, due sono a Kilis: città a venti chilometri dall’epicentro del terremoto, sul confine turco-siriano, che conta un centro di comunità e uno giovanile in grado di accogliere, ad oggi, 100.000 profughi siriani in fuga dalla zona di Aleppo, e che costituiscono più del 59% della popolazione cittadina; Amal conta anche una sede a Gaziantep, capoluogo dell’omonima provincia a Sud Est del Paese che accoglie soprattutto bambini e ragazzi siriani profughi in Turchia, in particolare orfani e donne sole, cui viene fornito supporto in materia di salute, educazione alimentare e avviamento professionale. Una quarta sede dell’associazione è attiva anche in Italia, Roma, nel quartiere del Pigneto.

Ho sentito Isabella Chiari, ieri mattina, per un’intervista per conoscere meglio i progetti della sua associazione in Turchia. Poche ore dopo, alle 20:00 (orario turco, qui erano le 18) una scossa – fortissima – di magnitudo 6.4 ha fatto ancora tremare case e persone, già traumatizzate dal terremoto di portata devastante dello scorso 6 febbraio, quando le scosse registrarono una magnitudo di 7.8: “Un numero non cancellabile per milioni di persone, una catastrofe naturale e umana”, dice Chiari.

Amal – con i suoi operatori e volontari: Isabella Chiari è l’unica italiana, a parte due studentesse Erasmus e una ventina di persone, tra siriani e turchi  – svolge principalmente attività di tipo educativo: qui, dal 2014, migliaia di bambini e adulti ricevono servizi, studiano, fanno sport e hanno supporto psico-sociale. “Facciamo formazione, offriamo supporto psicosociale soprattutto alla comunità rifugiata siriana, sia a Kilis che a Gaziantep. Nei nostri Community Centre proponiamo attività rivolte a bambini, giovani e donne. Negli ultimi anni, abbiamo anche sviluppato progetti di coesione sociale, in cui sport e attività di tipo artistico ed educativo coinvolgano sia la comunità turca che la comunità siriana insieme”.

Ma Isabella Chiari, partendo dalle proprie competenze, punta da sempre anche sull’“educazione linguistica”: la Turchia ospita circa 3 milioni di profughi siriani e la lingua turca e il suo sistema di scrittura sono molto diversi dall’arabo. Si stima che solamente il 20% dei bambini siriani in età scolastica abbiano accesso alla scuola quando si trovano al di fuori dei campi profughi. I giovani siriani non hanno accesso a libri o riviste in arabo ed esiste un serio rischio di analfabetismo per una intera generazione: “La barriera linguistica è un enorme ostacolo all’accesso di tanti servizi da parte dei rifugiati siriani. E la priorità”, spiega Chiari, “è chiaramente quella di dare la possibilità alle persone di potersi esprimere al meglio in tutte le lingue, anche inglese, oltre che, in via prioritaria, in arabo e turco”.

Dal 6 febbraio, i Community centre di Amal sono diventati subito centri di accoglienza: “Gli edifici, soprattutto a Kilis, sono molto sicuri, non sono alti, e sono stati già verificati dall’équipe della Protezione civile”. La risposta attrezzata da Chiari e dagli operatori che collaborano con lei, “non è stata quella di allestire tende perché sarebbe stata una risposta eccessivamente provvisoria: fa molto freddo, soprattutto la notte quando il termometro segna anche -5 e nelle tende della Protezione civile non c’è riscaldamento: si soffre molto, soprattutto, non può essere una soluzione per quelle famiglie che hanno perso tutto e che vengono da altre città molto colpite come Kahramanmaraş, luogo dell’epicentro, e Antiochia”. Una situazione che con ogni probabilità andrà avanti per almeno due mesi: “Dal primo giorno, abbiamo aperto due cucine, a Gaziantep e a Kilis”. In ciascuna delle due città, Amal riesce a distribuire circa mille pasti caldi al giorno, per un totale di 2000 pasti al giorno.

“Per fortuna, queste due città, un po’ alla volta, stanno ritornando alla normalità, per quanto possibile: attualmente puntiamo a mantenere la cucina calda solo per le persone che non hanno una casa e invece vorremmo continuare a distribuire pacchi alimentari per le famiglie sono potute rientrare nella propria abitazione”. Uno dei problemi è che molti sopravvissuti al terremoto hanno perso il lavoro e anche se hanno una casa, non sanno come andare avanti. Questo gigantesco problema sociale riguarda, ovviamente, tanto la comunità turca quanto quella siriana, dunque, “chiaramente”, spiega Chiari, “riforniamo entrambe le comunità, nelle aree dove operiamo”.

Quanto all’accesso al cibo, “è difficile trovare grandi quantità di generi alimentari, però la buona notizia è che hanno ripreso i rifornimenti delle catene più grandi”: c’è, piuttosto,  un problema di “allestimento degli spazi” per l’accoglienza, come la “distribuzione di coperte”. Un altro pezzo di attività che Amal cerca di avviare  in queste ore è l’organizzazione di “team mobili di protezione per attività di supporto psico-sociale rivolte a persone che sono accampate, in modo da affrontare – il più attrezzate possibile – questa fase di grande fragilità”.

Da dieci anni a questa parte, in Turchia, il settore immobiliare ha goduto di una forte espansione, certamente, per rispondere al vasto bisogno abitativo: “Ho visto, nel giro di pochi mesi, venire su interi quartieri, dunque, la Turchia – rispetto ad altri Paesi – vanta, storicamente, un’altissima capacità di costruzione”. Le inchieste in corso ci diranno se i materiali di costruzione hanno contribuito (e in che misura) al disastro che un sisma di portata gigantesca ha provocato, seminando morte e distruzione. Intanto, l’attesa è che anche i piani di ricostruzione di intere città crollate a causa del sisma siano realizzati in tempi strettissimi. Studio e sport sono due delle parole chiave per spiegare l’attività di Amal. La terza è empowerment.

Nel 2015, Amal for Education ha aperto al pubblico la prima biblioteca a Kilis e distribuito tre e-libraries a scuole siriane. Ancora: l’Amal Football Club è un club di calcio che coinvolge oggi più di 100 bambini e ragazzi siriani profughi dai 6 ai 18 anni. Nel “capitolo” progetti per il futuro, Chiari annovera un terzo centro, a Kilis, che da prima del terremoto prepara e che a causa dell’emergenza ha messo in stand-by: un centro per l’empowerment femminile. Amal for Education sostiene chi ha alle spalle storie di guerra, di perdita e orrore alle spalle.

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Ho scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica, ho fondato GnamGlam, progetto sull'agroalimentare. Sono tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati e mi interesso da sempre di diritti, immigrazione, ambiente e territorio. Lavoro al The Watcher Post.