“Qui o si fa l’Italia o si muore”, disse Garibaldi a Nino Bixio timoroso per la preponderanza dei borbonici nella battaglia di Calatafimi. Qui o si fa come dico io o si sfascia l’Italia, sembra riecheggiare Giuseppe Conte in una calda primavera di 164 anni dopo. Conte 1 e Conte 2 manco fosse Rambo: scenario la Puglia nel momento più nero della sua storia politico-amministrativa. Storia diventata più giudiziaria che si può. E Conte che sbarca due volte nel giro di una settimana sulle rive dell’Adriatico monopolizzando cronisti e cronache. Con un piglio che sembra voler smentire la nomea di tutto e il contrario di tutto affibbiatagli. O quella di “quasi” in tutto, non granché diversa. Ma è così?

La storia degli ultimi giorni del corrente scandalo giudiziario di Bari e dintorni somiglia a una storia o leggenda che risale al tempo in cui i Veneziani sbarcarono da queste parti contro gli Ottomani. “Li vedi, li vedi” gridarono con un senso di sollievo per il pericolo scampato. Ciò che in dialetto locale dell’epoca divenne “la vidua vidue”. Correva l’anno 1002 ma la ricorrenza è rievocata ancora oggi. Il “lo vedi, lo vedi” è risuonato di nuovo in questo aprile, oggetto Conte che arriva per mettere le cose a posto a parer suo. Forte non di un aplomb che chissà che, ma di una rendita di posizione. Qualcosa di simile a quella che nel 1300 si attribuì a tal Ghino di Tacco, masnadiero e giustiziere toscano capace di taglieggiare chiunque passasse dalle parti di Radicofani, nel Senese.

Finito nella Commedia dantesca e tornato in auge quando la sua stessa funzione di taglieggiatore a fin di bene fu attribuita al Psi di Craxi, pochi voti per condizionare molto.
Conte arriva per la prima volta a Bari quando sta da risolvere l’irrisolvibile tenzone fra i due candidati del centrosinistra al Comune. Lui che con i suoi 5Stelle ne appoggia uno contro l’altro, cioè lo stimato penalista Michele Laforgia (figlio dei magnanimi lombi di un padre già sindaco) e leader di un movimento cultural-politico. Contro Vito Leccese, già parlamentare verde e poi radicato a Palazzo di Città come capo di gabinetto di Emiliano prima e di Decaro dopo. Il “veni, vidi, vici” di Conte è durato lo spazio di una giornata. Quanto è bastato per sabotare senza tanti complimenti quelle elezioni primarie fra i due la cui organizzazione era stata più sofferta di un parto a rischio.

Gli è che il giorno prima un ennesimo sviluppo del Romanzo Criminale barese con arresti politici eccellenti aveva confermato la fiera opposizione del suo protetto Laforgia contro quel sistema di scelta. Possiamo esserne sicuri con tutta quella gente che qui si era comprati i voti? Il “vade retro” viene pronunciato nella stessa piazza nella quale Laforgia doveva concludere la sua mini-campagna elettorale. E il “ci sarà Conte” ha attizzato tre quarti della stampa italiana. Così i sostenitori pronti la domenica ad andare a depositare il voto se ne sono tornati più confusi di prima. Senza dire degli improperi degli apparati preposti per i 12mila euro di spese sprecati. E allora, chi fra Laforgia e Leccese? Ah, saperlo. Anche se i “rumors” sono tutti per tre magistrati, solita via giudiziaria del Pd: lo scrittore Gianrico Carofiglio, più Pietro Curzio, già primo presidente della Corte di Cassazione, e Annamaria Tosto, ex procuratrice generale della Corte d’appello di Bari (Curzio e la Tosto marito e moglie, pensa tu).

È stato allora che tutte le prime pagine hanno titolato “Addio campo largo”, cioè quella roba che aveva funzionato per le elezioni regionali in Sardegna (e localmente per quelle comunali di Foggia). Alleanza che poi, non avendo scelto il sacro riformismo, è ritenuta finora l’unica possibilità di successo da un centrosinistra minoritario difronte al centrodestra (fosse stato fatto per le Politiche, forse non sarebbe nato un governo Meloni). Alleanza, diciamolo, fra affamati dello stesso piatto, e la cui compatibilità si traduce in uno scippo reciproco di voti.
Fin qui il primo Conte in salsa pugliese. Ma passa una settimana perché la trappola autonominatasi perbenista (O-ne-stà O-ne-stà) di Conte non scatti di nuovo. Comincia allora il Conte 2: non la Vendetta come Rambo, ma la Moralità. E’ arrestato un ex assessore (Alfonsino Pisicchio) accusato di truffa e di clientelismo e Conte ripiomba a Bari alla velocità di un glorioso nativo come Mennea. Ma stavolta la posta in gioco non è una candidatura bensì la sopravvivenza stessa di un sistema già traballante più per le sue mele marce che per l’azione dei magistrati. Con un piccolo giallo: Pisicchio è arrestato qualche ora dopo che una riunione d’urgenza della giunta regionale lo dimette. Insomma appena in tempo perché non si possa dire che avesse più a che fare con la Regione, per la quale senza alcuna competenza specifica dirigeva l’importante Agenzia per le tecnologie e l’innovazione. Perlomeno fuga di notizie.

Altro assembramento di registratori e telecamere per la sentenza più scontata che ardua: Cinquestelle fuori dalla Regione e da un campo largo territoriale durato troppo a lungo per poter essere considerato forzato o casuale. Via i nostri assessori e giunta ridotta alla maggioranza di un solo voto. L’annuncio dato dopo un incontro a due con Emiliano, a seconda dei momenti il più grillino dei Pd o uno dei “cacicchi” la cui eliminazione era stata la condizione posta “urbi et orbi” alla Schlein per parlare di accordi. Con una incursione nella moralità altrui frutto di un auto-attribuito diritto di predica. Ma con un paracadute all’altezza di un signor “Quasi” come il sopradetto Conte: create un assessorato alla legalità e assegnatecelo, e tutto ritorna come prima. Siamo insomma al Conte 3.

Sullo sfondo qualcosa di molto meno romanzesco dei polli di Renzo, a parte perlomeno lo sconcerto per la malapolitica alle orecchiette, sia chiaro sempre in attesa di giudizio. Sullo sfondo elezioni europee molto meno trascurabili, anzi tutt’altro che trascurate, rispetto a un passato non turbato da un’Ucraina, da una Crisi climatica, da guerre striscianti o potenziali, dal rischio della irrilevanza globale. Con l’indimenticabile aprile pugliese di Conte che non promette nulla di rassicurante per il centrosinistra. Se non una quotidiana Opa (Offerta pubblica di acquisto) più ostile che consensuale fra i più piccoli 5 Stelle verso il più robusto Pd. Ma non è detto: Conte è quello del “contate sempre su di me”. Nella buona e cattiva sorte.
Si è sempre parlato di Puglia come Laboratorio della politica. E dell’Emilianismo come “modello” di alleanza fra diversi altrimenti tacciata di Trasformismo. Si vedrà che ne resta, se ne resta, e se la magistratura ha concluso il suo lavoro. Ma ciò che di sicuro resterà alla piccola storia contemporanea è questo uno-due-tre di Conte da far invidia a un Ronaldo dei tempi d’oro.

Lino Patruno

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