Riprende oggi l’Eurogruppo dopo 16 ore di discussione senza esito e l’interruzione imposta ieri dal presidente Mario Centeno. Il suo obiettivo è quello di «creare una forte rete di protezione contro le conseguenze del Covid-19». Il coronavirus spacca i ministri europei dell’Economia in due fronti. Da una parte, i paesi rigoristi: Germania, Olanda, Austria, Finlandia. Dall’altra, i Paesi in cerca di maggiori risorse: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda. In verità, il pacchetto di base messo già in campo dall’Unione europea per potenziare i sistemi sanitari, salvare l’economia e proteggere i lavoratori vale già diversi miliardi di euro e raccoglie un consenso trasversale. Diversi gli strumenti. Il primo è la sospensione del Patto di Stabilità che permette agli Stati membri di aumentare subito la spesa pubblica nazionale, senza lacci e lacciuoli, sforando il pareggio di bilancio.

È una cesura storica senza precedenti. Poi c’è l’impegno della Banca centrale europea nell’acquisto di titoli di stato per un totale di 750 miliardi: all’Italia arriverebbero così 220 miliardi, una cifra enorme. C’è, poi, un puzzle di interventi predisposti dalla Commissione e dal Parlamento europei – quasi 2mila miliardi – che comprende i fondi strutturali da usare a livello regionale in ambito sanitario, le risorse per la ricerca, il vaccino e le cure contro Covid-19, il Fondo di solidarietà per l’emergenza sanitaria, la fornitura di apparecchiature mediche di emergenza oltre alle risorse del bilancio pluriennale 2020-2027. Gli accordi tra i Paesi europei prevedono inoltre l’uso delle risorse della Banca europea per gli investimenti: 200 miliardi per sostenere le piccole e medie imprese, distribuiti a livello regionale.

Ultimo ma non ultimo, il programma Sure lanciato da Ursula von der Leyen: 100 miliardi che finanzieranno sussidi di disoccupazione nei diversi paesi, con lo scopo di sostenere il reddito di chi ha perso il lavoro anche temporaneamente. Insomma, tutto il contrario della narrativa populista sull’Europa matrigna. Su che cosa stanno litigando allora i paesi europei? Il primo motivo di frizione è rappresentato dal Meccanismo europeo di stabilità, il famigerato fondo salva-stati utilizzato per aiutare i paesi in difficoltà nel caso di crisi “asimmetriche” (quelle che riguardano singoli paesi) e sottoposto a severe condizioni valutate dalle istituzioni europee. L’Italia è rimasta sola a chiedere di usare i fondi del Mes senza alcuna condizione: cioè senza che altri controllino come sono stati spesi questi soldi.

Come spiega, però, lo storico Paolo Pombeni «il rifiuto di accettare il meccanismo del Mes dipende dal timore che hanno tutte le forze politiche di dover rendicontare davvero l’impiego di risorse rilevanti. La nostra politica ha un vizio clientelare e ben pochi sono disponibili ad accettare che ci sia un reale obbligo di destinazione dei fondi che si ricevono: ne risulterebbe ridotto lo spazio per la costruzione di aree di consenso». L’altro motivo di frizione è provocato dalla proposta di adottare specifici eurobond per affrontare l’emergenza pandemica: alcuni li chiamano “coronabond” oppure, come il deputato europeo Sandro Gozi, li hanno ribattezzati “recoverybond”. Acerrima avversaria di questo strumento è l’Olanda: il paese dei tulipani vuole evitare di caricarsi sulle spalle il debito pubblico dei Paesi del sud, ma è accusata, allo stesso tempo, di offrire il proprio paradiso fiscale alle imprese dei Paesi europei, praticando una concorrenza sleale che sottrae entrate fiscali agli altri stati membri.

Anche la Germania è fredda sul punto. Ma il dibattito pubblico nel Paese è molto più articolato di quanto appaia in Italia. Sulla rivista Der Spiegel, il caporedattore Steffen Klusmann accusa il suo governo: «Rifiutando gli eurobond, la Germania dimostra egoismo, ostinazione e codardia». Nei giorni scorsi su Die Zeit un gruppo di intellettuali – tra i quali Daniel Cohn-Bendit, Margarethe von Trotta, Joschka Fischer e Juergen Habermas – ha pubblicato un appello per chiedere l’adozione dei coronabond. Ciò nonostante, il muro dei Paesi nordici non sembra avere crepe. Negli ultimi giorni comincia a farsi largo la proposta avanzata da Parigi (con il sostegno di Roma) di un fondo europeo di rinascita creato con emissioni di debito comune. Con questa aggiunta anche l’Italia potrebbe trovare un accordo, salvando l’unità europea. È quello che scopriremo tra poche ore.

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