Nel clima di persecuzione che tocca al popolo romanì a pochi decenni dalle politiche profilattiche che ne pianificavano lo sterminio, alcuni, oggi, 2023, in questo Paese che fu alleato della belva nazista che assassinava cinquecentomila esponenti di quella razza di sotto-uomini, hanno la sfrontatezza di spiegare che l’istigazione della furia contro le “borseggiatrici rom” ha dopotutto una specie di ragione umanitaria: e cioè tutelare i bambini che quelle “zingaracce” adoperano nell’accattonaggio e allevano alla scuola del furto. È tutela dell’infanzia, insomma: la cura del bambino tramite l’arresto della madre.

Ma varrebbe la pena di usare gli occhi e il sentimento di quel bambino per esaminare bene la società assediata “dall’emergenza rom”, la società che si protegge avviando inchieste sulla “pista rom”, la società che mette in prima pagina e in prima serata “l’impunità delle zingare in gravidanza”. Da quando è piccolissimo, e appena comincia a capire qualcosa, quel bambino percepisce che i propri genitori sono considerati ladri dalla società circostante, criminali, poco di buono, gentaccia canaglia di cui diffidare e da tenere lontana: percepisce di non essere un bambino, ma uno zingaro.

È una specie di razzismo anche più crudele rispetto al pregiudizio che porta alla discriminazione dei neri: la quale, per quanto ancora esistente e praticata, non è pubblicamente difendibile e anzi è destinataria di comune riprovazione, per quanto spesso solo formale e rituale. Lo zingaro non gode di altrettanta guarentigia civile: è un reietto costituzionale, uno per cui non occorre nemmeno immaginare politiche di respingimento perché nasce respinto, nasce e cresce ai margini della società per cui egli è soltanto quello, uno zingaro. Uno zingaro e dunque un ladro, un ladro in quanto zingaro: uno con la madre depravata, che lo concepisce per evitare la galera e lo partorisce per farne un borseggiatore.

Ma noi tuteliamo i diritti di questo bambino, quando usiamo gli altoparlanti per avvisare la gente onesta di fare attenzione agli zingari. Tuteliamo questo bambino, quando spieghiamo che magari non tutti i ladri sono zingari, ma tanti zingari e verosimilmente tutti gli zingari (lo dicono le statistiche!) sono ladri. Pensiamo ai diritti di questo bambino, quando facciamo il bel giornalismo d’inchiesta che dà voce ai cittadini per bene, quelli che avranno pure diritto di protestare visto che non tirano la fine del mese mentre gli zingari se ne fregano della legge.

I più compassionevoli indugiano sulla sfortuna capitata a questi innocenti figli di brutte persone: hanno le mamme zingare, poveretti. I più compassionevoli si riferiscono alla miseria e al degrado degli accampamenti in cui nascono e crescono i bambini del popolo romanì, e appunto all’ingiustizia rappresentata dal venir su in una famiglie tanto dissipate. Ma quei bambini soffrono una sfortuna diversa e un’ingiustizia più grande: vale a dire di essere vittime del sospetto, dell’inciviltà, della cattiveria, del razzismo della società che li circonda.