Se, pensando a una nomade, rimugini “zingaraccia”, è solo un problema della tua coscienza: e del mondo povero di relazioni e cognizioni che l’ha sformata in quel modo. Ma se lo rutti davanti a una telecamera, allora diventa politica. E, se non te ne scusi, allora diventa la rivendicazione di una politica ignominiosa. Ora è comprensibile che un’alleanza politico-elettorale vittoriosa, in procinto di piazzarsi al governo del Paese, resista all’idea (ammesso che l’idea ci sia mai stata) di suggerire a un sodale di fare un passo indietro, perché la sua presenza al governo macchierebbe in modo irrimediabile l’immagine di un esecutivo con già fin troppi problemi di accreditamento.

È comprensibile, ma non giustificabile. Perché le sparate anti-europeiste di Matteo Salvini, le sue ridicole divagazioni sull’autarchia della nocciola, le sue allarmanti iniziative in aroma di linciaggio sotto le case degli “spacciatori”, l’oscenità del teatrino all’aeroporto, travestito da poliziotto per accogliere il condannato da far marcire in galera, e perfino le macabre buffonate del segretario della Lega con T-shirt putiniana, ebbene non sono nulla rispetto a quel gesto apparentemente minore e in realtà gravissimo rappresentato dall’uso di quella parola – “zingaraccia” – che gli è venuta su naturalmente dalle budella e per la quale non ha mai chiesto scusa.

E si capisce, appunto, che sia un problema, per gli alleati, rinfacciargliela ora. Ma è un problema più grande, per loro stessi e per il Paese, se non gliela rinfacciano: non certo per impedirgli di fare, da parlamentare e da capo del suo partito, quel che vuole, ma per spiegargli che contro le sue ambizioni ministeriali si eleva un impedimento insormontabile. Perché in qualunque Paese decente, ma specie nel Paese che fu alleato e complice dell’assassinio in massa, tra gli altri, del popolo cui appartiene la “zingaraccia”, un ministro che parla in quel modo, semplicemente, non può esserci.

Non si può pretendere che Matteo Salvini lo capisca. Ma si deve pretendere che lo capiscano quelli che gli stanno intorno. Non capirlo o, peggio, far finta di non capirlo o, peggio ancora, capirlo e tirare dritto, vuol dire accettare che il mosaico del governo si segnali per una tessera screditante. Se non sono preoccupati per l’immagine del Paese, mostrino almeno di preoccuparsi per la loro.