Il fiasco elettorale di Stati Uniti d’Europa e di Azione impone di avviare una riflessione che non si fermi alla consueta e un po’ trita analisi del giorno dopo. Mi sembra sia arrivato il momento di far ripartire una seria e ponderata riflessione per la creazione di una proposta politica liberal-democratica in Italia. Non ci si può rassegnare al fatto che un sette per cento di elettorato laico, liberale, non ideologico si ritrovi oggi senza rappresentanza nel Parlamento europeo. Senza contare quella quota di astensionismo determinata da coloro che hanno ritenuto improbabile, stante il mancato accordo tra Azione e SUE, il superamento della soglia di sbarramento del 4 per cento. Date le premesse, ritengo che la responsabilità del flop elettorale vada attribuita parimerito a Carlo Calenda e Matteo Renzi che, per ragioni diverse, si sono dimostrati inadeguati a gestire un patrimonio di idee, persone e valori.

Il derby e la zuffa sui social

E d’altronde, se il bilancio di due progetti politici costruiti attorno alla leadership carismatica di due persone, risulta così fallimentare in termini di risultati elettorali, buonsenso consiglierebbe di riconsiderare tutto lo schema di riferimento. Come hanno scritto Chicco Testa e Claudio Velardi, “questo fallimento è il risultato di uno scontro di personalità che ha reso impossibile ogni accordo”. In nessun altro modo è possibile ricostruire la sconcertante decisione di correre ognuno per proprio conto, alla luce del vigente sistema elettorale. Assistiamo invece, soprattutto sui social, ad una zuffa a colpi d’insulti e recriminazioni tra i tifosi dell’una e l’altra parte, a dimostrare una volta ancora come tutta l’attenzione sia spostata sul derby tra i due leader piuttosto che sulle reali ragioni di una bruciante sconfitta. Fin troppo facile la metafora dei capponi manzoniani eppure mai così appropriata. Vorrei dire a quei tifosi che stilare una classifica delle responsabilità è un esercizio quasi sempre sterile che diventa esiziale se svolto a cose fatte e con un bilancio che recita zero eletti di Azione e zero di SUE nel prossimo parlamento europeo.

Una piattaforma comune

La mancata sottoscrizione di una piattaforma comune, al di là delle singole quote di responsabilità, si è dimostrato un errore imperdonabile che richiede di voltare definitivamente pagina se si vuole rilanciare un progetto che può valere circa il 10 per cento dei consensi elettorali. Questo è il punto. Occorre guardare al prossimo futuro piuttosto che continuare a recriminare sul passato. Occorre, aggiungo, far valere un’etica della responsabilità troppo spesso evocata e quasi sempre ignorata. Un’etica che imporrebbe una presa di coscienza circa l’ostacolo che questi dissapori personali rappresentano per la costruzione di una casa comune.

Una costituente liberale

Questa inclinazione divisiva, che finisce per avere sempre il sopravvento sugli obiettivi comuni, va archiviata una volta per tutte. Come non rendersi conto che tutto questo preclude alla possibilità di rilanciare in modo credibile quel progetto di terzo polo liberaldemocratico di cui l’Italia ha così dannatamente bisogno? È arrivato il momento di lanciare l’idea per una costituente liberale che sappia superare definitivamente le logiche personalistiche, che contribuisca a distillare una nuova classe dirigente e che sia capace, per non rimanere solo una costituente, di coniugare in un unico progetto i valori della liberaldemocrazia con l’aggiunta di un po’ di sano pragmatismo politico che fino ad oggi è stato il vero grande assente.

Filippo Piperno

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