Il 28 aprile la Corte d’Assise di Genova ha confermato in appello l’assoluzione per Marco Cappato e Mina Welby, tesoriere e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, per aver aiutato Davide Trentini a ottenere il suicidio assistito in Svizzera. Dopo la assoluzione in primo grado da parte della Corte d’Assise di Massa nel luglio 2020, la sentenza di Genova ha confermato che la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale indicata dalla Corte costituzionale nel 2019 come una delle condizioni per la non punibilità dell’aiuto al suicidio comprende qualsiasi tipo di trattamento sanitario, sia esso realizzato con terapie farmacologiche, con l’assistenza di personale medico o paramedico o con l’ausilio di macchinari medici compresi la nutrizione e idratazione artificiali.

Cappato e Welby erano imputati per istigazione e aiuto al suicidio di Trentini avendolo sostenuto nel suo proposito di raggiungere la Svizzera nel 2017 per porre fine a una vita di sofferenze. A volontà rispettata, entrambi si erano autodenunciati per continuare l’azione nonviolenta intrapresa anni prima per la legalizzazione dell’eutanasia.
Già a luglio del 2020 Welby e Cappato erano stati assolti dalla Corte D’Assise di Massa, città natale di Trentini, dal reato di istigazione e aiuto al suicidio perché, rispetto alla condotta di rafforzamento del proposito di suicidio, il fatto non sussisteva e per quanto alla condotta di rafforzamento del proposito di suicidio, e perché il fatto non costituiva reato relativamente all’agevolazione dell’esecuzione del suicidio. La decisione della Corte di Genova rappresenta un altro passo nella direzione del rispetto delle volontà individuali di non insistere, nelle parole di Piergiorgio Welby, a vivere “una vita non più degna di essere vissuta”.

Ci sono voluti quattro anni di azioni e nove udienze per confermare il diritto all’autodeterminazione anche alla fine della vita. Non siamo ancora arrivati a coprire tutti gli scenari possibili ma grazie ai leader dell’Associazione Luca Coscioni si stanno ampliando le possibilità di poter vedere le proprie scelte di fine vita rispettate anche in Italia.
Malgrado questi segmenti di giurisprudenza conquistati e malgrado non siano mancate negli anni manifestazioni di sostegno da parte della politica ufficiale, il Parlamento non ha ritenuto prioritario discutere le varie proposte di legge relative alle scelte di fine vita. Ancora in questi giorni è emerso che all’inizio di maggio dovrebbe esser presentato un testo condiviso su cui da tempo lavora l’Onorevole Trizzino, ma la storia recente dimostra che dichiarazioni di questo tipo affiorano in concomitanza con le udienze salvo poi scomparire quando la questione è uscita dalle pagine della cronaca giudiziaria.

Per togliere d’impaccio i legislatori, il 20 aprile scorso, Mina Welby, Marco Cappato, insieme all’avvocato Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, e molti altri, hanno depositato in Corte di Cassazione un quesito referendario parzialmente abrogativo dell’articolo 579 del codice penale sul cosiddetto omicidio del consenziente, il cui testo concorre oggi a vietare l’eutanasia in Italia. La campagna raccolta firme inizia il 1 luglio: il tempo della solidarietà è finito, inizia quello della partecipazione civica.

Marco Perduca, Giulia Perrone

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