“C’è qualcosa di torbido” sul caso Almasri, forse “qualcuno ha tirato un pacco a Meloni…”. Siamo su Otto e mezzo, la centrale operativa contro il melonismo, della subcomandante Gruber. A parlare così non sono né Italo Bocchino, né Mario Sechi, gli ospiti “messi nella vigna a far da palo” a cui è affidata la difesa d’ufficio del governo.
“Io – ha spiegato Paolo Mieli, l’editorialista del Corriere della Sera a Lilli Gruber – prendo un filo che è nato su questa sedia, attorno a questo tavolo, una settimana fa. C’era il procuratore capo Nicola Gratteri che si era scatenato contro Meloni ma ha detto: ‘Su una cosa ha ragione’, il modo in cui è venuta fuori questa notizia è sospetta. E neanche lui ce l’aveva né con la Corte Penale Internazionale né ovviamente con i magistrati”.

Almasri e il pacco “italiano” a Meloni

Gratteri, al di sopra di ogni possibile sospetto di nutrire un minimo di benevolenza nei confronti del governo, nel commentare la vicenda non è riuscito a spogliarsi del tutto dal ruolo di investigatore impegnato nella lotta alle organizzazioni criminali. Sia il magistrato che il giornalista hanno trovato strano un aspetto della vicenda, e cioè che la notizia fosse venuta fuori solo 12 giorni dopo il suo tour attraverso l’Europa, proprio mentre Almasri passava dall’Italia. Peraltro degli obiettivi di questo giro non si è saputo nulla, ma sembra sicuro che non si trattasse di passione per il calcio che il generale libico intendeva soddisfare solo in Italia. Chi avrebbe “tirato il pacco” a Meloni? Mieli ha risposto: “Qualcuno di italiano. Che tutto nasca dal sottobosco… Non ho prove, ma molti indizi sì”.

Deep State deviato, i precedenti

Non è la prima volta che si cerca di semplificare le analisi di fenomeni complessi evocando un Belfagor che agirebbe nel Deep State deviato (non si sa bene da chi e perché). Nell’aprile 1980 Bettino Craxi, alludendo alla esistenza di un “Grande Vecchio” delle Brigate Rosse – l’eminenza grigia ipotizzata da alcuni che dall’estero avrebbe guidato, come un burattinaio, molte delle azioni terroristiche sul suolo italiano – dichiarò che costui poteva essere cercato “tra quei personaggi che avevano cominciato a fare politica con noi e poi sono scomparsi, magari sono a Parigi a lavorare per il partito armato”.

Questa frase indusse molti ad individuarlo tra i tanti profeti della lotta armata di quei tempi sciagurati. Altri ipotizzarono che il “Grande Vecchio” veniva identificato in Giangiacomo Feltrinelli, la cui morte – nel tentativo di far esplodere un traliccio – sarebbe stata una messa in scena organizzata per consentire all’editore di rifugiarsi all’estero ad assumere la direzione strategica del terrorismo rosso in Europa.
Chi potrebbe essere dunque il “Grande Vecchio” italiano che ha confezionato e spedito il “pacco” a Meloni? Per realizzare azioni di destabilizzazione istituzionale non è sufficiente una persona che impartisca gli ordini di volta in volta, è necessaria una rete decisa e ben orientata, in cui ogni personaggio della trama capisca come e quando entrare in azione perché l’operazione vada avanti.