Europa
Chi devo chiamare per parlare con l’Europa? Kallas prova a rispondere (e va in Canada)
Il paese del neo premier Carney (ex governatore della banca del Canada e poi di quella d’Inghilterra che ha traghettato fuori dall’Unione europea) è al centro dello scontro Usa-Cina. Ora l’estone tenta un’altra strada

La missione in Canada, per il G7 dei ministri degli esteri, a New York al Palazzo di Vetro dell’Onu della rappresentante della politica estera Ue, Kaja Kallas, in questi giorni, rischia di passare in secondo piano, visti gli altri appuntamenti – tra Gedda, Bruxelles e Parigi – che impegnano le relazioni internazionali. Tuttavia, è la visita in sé a essere debole. Per quanto numero 1 della diplomazia europea, Kallas non incontrerà la sua controparte Usa. In un momento di così alta tensione nei rapporti transatlantici, l’Europa non riesce a fare pressione affinché la Casa Bianca le riconosca il suo effettivo peso politico. Mai come oggi, la battuta di Kissinger – “chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa?” – risulta attuale.
I dossier strategici sono nelle mani di Ursula von der Leyen. In fatto di difesa, industria, transizione ecologica e digitale, il ruolo di Séjourné, Ribera e della stessa Kallas è quello di gregari. Questo è un problema sia nel gestire i rapporti, che dovrebbero essere più aspri, verso gli Usa di Trump, sia nel confrontarsi con alleati che stanno giocando la loro partita in maniera autonoma e, a prima vista, con risultati più che dignitosi. È il caso del Canada. Il Paese è passato da trovarsi in un punto geografico vago – lassù, in alto a sinistra sul planisfero – alla prima linea nello scontro commerciale che vede dall’altra parte della barricata un ex alleato, gli Stati Uniti, ma anche un tradizionale competitor, la Cina. Primo fornitore all’industria manifatturiera Usa di acciaio, alluminio, gas e petrolio e capace di tener testa alla Cina bloccandone l’importazione di auto cinesi – mossa a cui Pechino sta rispondendo con tariffe sui prodotti agricoli – il Canada gode di una posizione di forza quasi esclusiva a livello globale.
Le dimensioni del suo territorio, le ricchezze naturali che contiene e la stabilità economica della sua popolazione permettono a Ottawa di sfoggiare una muscolarità come non ha mai fatto in tutta la sua giovane storia. Conclusa da pochi giorni l’era Trudeau, il nuovo premier, Mark Carney, ha già dato prova di saper tener testa al potente vicino di casa. Ha rigettato senza mezzi termini l’idea che il Canada possa mai diventare il 51esimo Stato Usa. L’ex Governatore della Banca del Canada e poi della Banca d’Inghilterra – durante questo mandato ha traghettato lui la City di Londra fuori dall’Unione europea – Carney ha confermato i dazi introdotti dal suo predecessore come reazione a quelli imposti dagli Stati Uniti. Una fermezza che ha permesso al premier dell’Ontario, Doug Ford, di calcare ulteriormente la mano. Ford ha minacciato, infatti, di tagliare completamente l’elettricità ai tre stati americani confinanti, ovvero New York, Minnesota e Michigan. Da gambler qual è, Trump ha raddoppiato la posta, dicendo di voler portare i dazi al 50% e di chiudere il settore automotive canadese.
Siamo alla guerra commerciale a tutti gli effetti. In questo scontro, per quanto chiara sia la posizione deve ancora mostrare il suo gioco. Kaja Kallas potrebbe anche essere un falco, non lo è. Tuttavia, è priva di quegli artigli che invece Ottawa sta dimostrando di avere. Il suo mandato le consentirebbe infatti di limitarsi ad alzare la voce. Qualsiasi altra decisione innescherebbe critiche e perplessità, sia tra i singoli membri Ue, sia nella stessa Bruxelles. Da aggiungere c’è che su Kallas nessuno si è mai permesso di porre in dubbio la competenza e il sentimento europeista-antirusso che solo una personalità politica dei Paesi baltici può esprimere. Ahinoi però, questo non è sufficiente. Putin non è il nostro unico problema. Il G7 dei ministri degli Esteri, organizzato dalla presidenza canadese a Charlevoix, in Quebec, mette ancor più in evidenza le debolezze del mandato assegnato alla ex premier estone. Nell’agenda del summit non c’è solo l’Ucraina.
In Medio Oriente, la questione siriana si è surriscaldata. Il quadrante indo-pacifico, le crisi in corso ad Haiti e in Venezuela e la sicurezza in Africa sono appuntamenti su cui le sette economie più avanzate del mondo sono chiamate a riflettere. Qual è per ciascuno di questi dossier la posizione di Bruxelles? E quali proposte avanza? Intervenendo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla cooperazione tra l’Unione europea e le Nazioni Unite, Kaja Kallas ha detto che la Russia è l’unica responsabile della guerra e, come tale, la sola che può fermarla. È vero. Peccato però non dirlo a Gedda. Dove si decide tutto.
© Riproduzione riservata