Sergiy Stakhovsky oggi ha 39 anni e da tre è al fronte in ucraina per contrastare l’invasore russo. In passato è arrivato fino al numero 31 del tennis mondiale (2010), ha vinto quattro tornei Atp e si è anche tolto lo sfizio di battere il migliore tennista di sempre, Roger Federer, tra l’altro sull’erba di Wimbledon, considerata la sua casa.

E’ una intervista struggente quella che Stakhovsky ha rilasciato a L’Equipe, perché da una parte esprime quelli che possono essere considerati gli ultimi desideri di un soldato in guerra (che da un momento all’altro può morire), dall’altra dice di comprendere il disinteresse che il conflitto ucraino ha piano piano generato nell’opinione pubblica occidentale, salvo poi deflagrare con l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump e le sponde continue a Vladimir Putin. 

L’ultimo desiderio del soldato-tennista

Stakhovsky vorrebbe rivedere la moglie, da cui ha divorziato in passato, e soprattutto i tre figli che vivono all’estero. “Ho divorziato dalla mia ex moglie, vedo i miei tre figli praticamente una volta ogni sei mesi perché non sono in Ucraina e per me è molto difficile lasciare il paese: ho bisogno di un permesso speciale. È dura, ma è così. Se tutte le persone che hanno scelto di difendere l’Ucraina dicessero ho fatto la mia parte, me ne vado, chi la difenderebbe?” spiega l’ex tennista che sottolinea le difficoltà incontrate con i suoi bambini di 11, 10 e 6 anni per spiegare loro il suo nuovo ‘lavoro’. “Sono abbastanza grandi per saperlo, ma non lo capiscono davvero. Cerco di spiegarglielo, ma non capiscono perché lo faccio”.

“Il mondo si è abituato alla guerra in Ucraina”

Per Stakhovsky il mondo si è abituato alla guerra. “Non direi che si è dimenticato. Piuttosto, si è abituato. Ognuno ha la propria vita da vivere, il proprio quotidiano. Non si può vivere la propria esistenza attraverso la guerra in Ucraina, è normale, anche se è vicina ed è molto importante. Non biasimerei nessuno per il fatto di pensare ad altro”. Adesso però le cose si sono ulteriormente complicate con l’arrivo di Trump perché “abbiamo perso uno dei nostri principali alleati, il paese che garantiva l’integrità delle nostre frontiere da quando abbiamo rinunciato alle armi nucleari (nel 1994). Abbiamo visto l’Europa fare un grande passo avanti, in particolare la Francia, alcuni paesi stanno cercando di colmare questo vuoto. Ma ovviamente è una grande perdita per noi, e quando Trump ha annunciato il blocco totale degli aiuti, lo abbiamo immediatamente sentito”.

Il blocco di Trump: “Annullato tutto da un giorno all’altro”

Un blocco totale, “a livello di intelligence, di supporto militare… Tutto ciò che era stato pianificato, tutte le riunioni, tutto è stato annullato da un giorno all’altro. Ma non è che possiamo semplicemente deporre le armi e tornare a casa… perché questa è casa nostra. Questo provoca rabbia, ma è il presidente degli Stati Uniti, il popolo americano lo ha eletto” anche se “i presidenti passano, ma gli accordi firmati dai governi dovrebbero essere rispettati. E non è stato così: abbiamo rinunciato al terzo arsenale nucleare più grande del mondo in cambio della garanzia che i nostri confini sarebbero stati protetti. Eppure, nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea. Non è successo nulla. Nel 2022, la Russia ha invaso l’Ucraina. E nessuno ha mandato truppe. Sì, abbiamo ricevuto aiuti militari. Solo quanto bastava per difenderci” spiega l’ex tennista.

Senza Usa “faremo guerra lo stesso, ci costerà solo più vite…”

Ma l’ottimismo resta anche perché  “quando la guerra è iniziata, tutti dicevano che Kiev sarebbe caduta in tre giorni e tutta l’Ucraina in due settimane. Sono passati tre anni” ricorda Stakhovsky. Adesso si proverà a fare a meno degli Stati Uniti: “La nostra economia funziona, i nostri servizi pubblici anche, la gente lavora, le fabbriche producono. Il sostegno degli Stati Uniti e dell’Europa ci ha permesso di difenderci in modo più efficace e con meno perdite umane. Senza la fornitura di equipaggiamenti militari, senza intelligence sui movimenti delle truppe russe in Russia o in Ucraina, sarà lo stesso, solo che ci costerà più vite”.

“Sappiamo tutti che qualcuno morirà”

Dopo tre anni di guerra, la morte fa meno paura semplicemente perché è lì: “Tutti in Ucraina si stanno abituando alle bombe che esplodono quotidianamente, ai droni che sorvolano, alle persone che muoiono, a questa sensazione di vulnerabilità. Sappiamo tutti che qualcuno morirà. Ci diciamo solo: non sarò io. O decidi di fare ciò che è giusto e di proteggere ciò che è buono, oppure non lo fai affatto”.

Redazione

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